La differenza sostanziale nei
significati di un fonema ebraico la fanno le vocali o la cosiddetta
'vocalizzazione' della quale l'Autore ha parlato spesso ed anche con
estrema competenza. Come non citare il primo capoverso all'interno
del seguente articolo:
dove si evince l'indiscutibile lavoro
filologico dell'Autore?
'Il lavoro di Mauro Biglino sotto
l'aspetto filologico è ineccepibile...'
Così P. Magister su Beyul.
Il consiglio è però di leggere
l'intero articolo perché rivelatorio di una strategia apparentemente
suffragata da un alto prelato gesuita in Santa Sede, addirittura in
Specola.
'Ai posteri l'ardua sentenza' (A.
Manzoni).
Ciò che interessa in questo contesto,
al solito, è lo scontro letterale, nemmeno letterario: la diatriba
giocata su uno scacchiere grammaticale dove però le visioni sono
diverse. Certo, perché vi sono delle omissioni volute
rispetto al meccanismo di traduzione che propone Mauro.
Torniamo al logismo di base.
Kavod
: 'onore', 'gloria'
'Col
Ha-kavod' - ad esempio - è espressione usata per complimentarsi con
qualcuno per il buon effetto e l'altrettanto efficace riuscita di
un'azione. Dopodichè:
Kaved:
'pesante'
Koved:
'peso''
Kaved:
'fegato'.
È
sempre la stessa radice. Allora perchè non immaginare 'il fegato'
inteso come coraggio, intrapredenza o pi semplicemente – in
accezione negativa – 'situazione morale pesante'?
È
lapalissiano: da una radice 'KVD' si sviluppano differenti
vocalizzazioni e quindi diversi significati ed è un fenomeno
costante dell'ebraico:
Shalom:
'pace'
Shalem:
'completo'
Lir'ot:
'vedere'
Le'arot:
'mostrare'
Lizcor:
'ricordare'
Leazchir:
'ricordarsi'
Leizacher:
'far ricordare'.
Se
si dice K'vod (kevod) e non Kavod vuol dire che non ci si rende conto
della forma costrutta che è la modifica vocalica subita dal
sostantivo quando precede un altro sostantivo di cui precisa
qualcosa. 'Kevod JHVH' 'la gloria di Dio', mentre il sostantivo in
assoluto è 'Kavod'.
Ma
questo un traduttore ultratrentennale dell'AT dovrebbe saperlo.
Infatti
un commento da parte di un ebraista 'in difesa' di Mauro Biglino fa
una strana affermazione:
'Tra
l' altro nei libri M. Biglino presenta testi tutti rigorosamente non
vocalizzati... Come ho già detto qui in altri topic (sul net sto
discutendo in 5 forum) le traduzioni che l'Autore proponeva per la
San Paolo interlineare sono assolutamente
in linea con le Ed. di Rif Mamash e di Rav Segni. Poi, la svolta...'.
Di
seguito i riferimenti diretti in lingua ebraica con le versioni
diversificate rispetto alla Stuttgartensia in specifico le non
vocalizzate masoretiche.
C'è
da aggiungere un fatto: M. Biglino porta a pag. 88 del primo libro
proprio l'esempio delle diverse allitterazioni del 'kavod' ma con
terminologie da 'neofiti', molto semplici e quindi a rischio
interpretativo.
Altro
quesito derivante da riflessione sul forum di riferimento:
'Ciò
che nessuno ha capito o che non vuole capire è la questione:
Che
cosa è il testo masoretico se non la versione che gli Ebrei HANNO
VOLUTO trasmettere ai Gentili?
Senza
la tradizione orale ebraica, in parte confluita nel Talmud, non si
può capire nulla e alla tradizione talmudica si accede solo se si
conosce perfettamente l'ebraico, l'aramaico, la mentalità ermetica
ed il linguaggio talmudico. Naturalmente occorre essere capaci di
leggere l'ebraico non vocalizzato, cosa impossibile se non si conosce
l'ebraico moderno.'
A
coloro che negano l'importanza dell'apporto della tradizione orale
chiedo:
la
vocalizzazione masoretica non è forse tradizione orale...?
Ci
sarà da rispondere in tal senso.
Intanto
però sorgono dubbi seri all'orizzonte.
E
non quello fideistico.
Qui
di seguito i link per trarre le proprie conclusioni da soli. Si
riconosce però la necessità di approfondire la grammatica per ovvi
motivi di difficoltà oggettiva. Non ultimi quelli rabbinici.
A proposito dei Masoreti: se si accetta la Massorà, cioè quella data vocalizzazione, si sta accettando la tradizione orale ebraica e, nella fattispecie, il tipo di vocalizzazione che gli ebrei hanno voluto dare. A questo punto ne consegue che non si può accettare come riferimento una certa tradizione )vocalizzazione masoretica) se poi nell'interpretazione non si tiene conto della tradizione orale (in parte confluita nei Talmud Bavli e Yerushalmi) che accompagna tuttom il tanach e senza la quale la comprensione è impossibile?
RispondiEliminaCi si affanna a dire che si è "fedeli" al testo masoretico ma quando poi si contestano le fantasie in base alla enorme tradizione ebraica, si finge di non capire o non si vuole capire. Allora mettiamoci d'accordo. o si rifiuta la tradizione orale e quindi si è in grado di vocalizzare il testo da soli, come farebbe un vero esperto di ebraico e come fanno i madrelingua, o si ha bisogno della Masorà e in tal caso si deve accettare tutta la tradizione e non solo ciò che fa comodo.
questo è vero solo se si ammette che quello che la tradizione propone non è obbligatoriamente collegato al reale significato del testo
Eliminadirei di aggiungere tra le fonti anche il "forum di riferimento:
RispondiEliminahttp://consulenzaebraica.forumfree.it/
dove il Dr. Biglino è invitato con nostra grande gioia, magari scrivendo in ebraico