Di seguito, estrapolata dal Forum di Consulenza Ebraica integralmente:
Riscrivo
la mia risposta in modo più completo citando direttamente dalla
fonte che hai citato (rispondendo a Pintore):
CITAZIONE
4)Anche
solo per analogia tra lingue semitiche, qualsiasi Arabo sa che
"allah" è plurale grammaticalmente, ma non si sognerebbe
mai di tradurlo al plurale
Risposta:
purtroppo per il sig. Pintore anche qui é presente un grossolano
errore, per non dire una menzogna bella e buona.
Il nome Allah ha due etimologie, ancora nessuna delle due certa, e
nessuna delle due ipotizza una morfologia con numero plurale. La
teoria più diffusa indica Allah come unione di due morfemi arabi: AL
(articolo determinativo,numero singolare, genere maschile) + ILAH
(nome univoco, genere maschile, numerosingolare) il quale ha altre
due forme: la duale = ILAHAIN, e la plurale = AALIHAH. La seconda
teoria invece, che sta prendendo piede negli ultimi anni, vuole Allah
derivante dal siriaco Alaha, sempre di numero singolare e genere
maschile. Il falso problema della 'pluralità' di Allah viene da
alcuni commentari (come quello di Sam Shamoun) che fanno notare come
nelle varie sure, in alcune frasi ipoteticamente o certamente
pronunciate da Allah, vengano utilizzati pronomi e aggettivi
posessivi plurali. Potrebbe esserci un ragionevole dubbio se nelle
sure Allah parlasse di se SEMPRE al plurale, ma non è così,come
leggiamo per esempio in questi versi:
“Glory
be to Him Who made His servant to go on a night from the Sacred
Mosque to theremote mosque of which We have blessed the precincts, so
that We may show to HIM some of Our signs; surely He is the Hearing,
the Seeing.” S. 17:1 Shakir
"
per non dire una menzogna bella e buona".
Il
nome الله
(Allàh),
come si può notare dalla doppia lamed, esso è chiaramente
l'abbreviazione di أللهم
(allahum)
equivalente all'ebraico "Elohim". إِلٰه
(ilàh)
ha una sola lamed ed è l'equivalente all'ebraico "El",
poco convincente dunque far derivare الله
(Allàh)
da إِلٰه
(ilàh)
come combinazione articolata dato i contesti grammaticali in cui si
trova .
CITAZIONE
5)il
verbo usato è "merakefet" tradotto comunemente con
"aleggiava" In realtà la radice indica un'azione di
terribile vibrazione di movimento, atta a provocare un cambiamento.
Comunemente un uccello che batte violentemente le ali a protezione
del nido è "merakef”
Risposta:
il sig. Pintore deve illustrare dove ha trovato l' indicazione di una
idea di vibrazione che causi cambiamento. I lessici attestano il
significato di 'aleggiare – muoversi sopra – sorvolare', l'
utilizzo che poi se ne fa non può invalidare (ma tutt' al più
completare)il significato relazionale del termine.
Non
capisco dove sia il problema? Lo stesso Biglino nel suo libro "Il
dio alieno della bibbia" ammette il senso di "vibrare"
(pag.42). A questo punto se lo faccia spiegare da lui.
CITAZIONE
Veniamo
adesso a due critiche mosse da tale Avraham, riconosciuto nel blog in
questione come un critico attento, competente ed onesto. Egli fa
importanti ammissioni al lavoro di Biglino, ma poi si ferma a
scrivere ancora sul termine Elohim.
1)Il
termine ebraico Elohim è nella sua forma più frequente al singolare
Risposta:
a parte una evidente confusione tra forma e utilizzo, infatti la
forma(morfologia) del termine Elohim é di per se sempre purale
inquanto presente il suffisso plurale -im, questa frase stride con la
dichiarazione del Pintore: “il termine Elohim è sempre singolare”.
Dobbiamo deciderci: Elohim, nei suoi utilizzi (e non nella forma) é
sempre singolare o solo 'più frequentemente' singolare?
L'autore,
parlando del termine "Elohim" riconosce che il suo uso
corrente è al singolare pur affermando che la forma del termine è
plurale. Noi abbiamo dimostrato linguisticamente che le desinenze
plurali in ebraico non indicano sempre il numero, ma spesso indicano
astrazione, intensità o indefinibilità. L'autore non ha speso
nessuna parola sulla caratteristica di plurale intensivo ed
indefinito così spesso usati nella letteratura ebraica. Pare che,
secondo questo autore, esistano solamente plurali che indicano il
numero. Noi abbiamo spesso citato in questo forum e nel forum
biblico, molti esempi di termini che hanno apparentemente desinenze
plurali, ma che non sono affatto dei plurali, nel senso che questi
non indicano il numero, ma l'intensità di un singolare.
Ecco
alcuni esempi di nomi astratti che hanno la stessa desinenza del
plurale:
מגורים
כיפורים
מדנים
מלואים
מראשות
מרירות
ניאופים
נפתולים
אמונים
זנונים
חיים
חררים
כריתות
עלומים
נעורים
זקונים
דודים
סדרים
סליחות
פטורים
שיכולים
שילומים
שימורים
שעשועים
תאונים
תעתועים
בהמות
תמים
Per
esempio in Gen. 6:9 è scritto che Noè era un uomo giusto e integro.
Il termine "integro" in ebraico è "tamim" ed ha
desinenza "im". Tale desinenza ha una forma simile al
plurale, ma è chiaramente un singolare. Ma, inutile dirlo, nessuno
può essere interessato ad attribuire a Noè una pluralità.
Per
altri termini e spiegazioni sui vari generi di "plurali"
(se così si possono chiamare) rimando alla discussione Plurale
Maiestatico in terza persona?
CITAZIONE
2)Non
si può fare affidamento a quattro pezzi di coccio per interpretare
una letteratura così ricca come la Bibbia. Per questa ci vuole
conoscere bene la tradizione orale ebraica che ci istruisce su come
venivano letti ed interpretati nell’antichità i termini biblici
che oggi altrimenti ci risulterebbero assoluti arcani e ciò comunque
rimangono realmente per chiunque l’ignora. Mauro Biglino non fa
alcun cenno a questa assolutamente indispensabile letteratura da cui
noi ebrei abbiamo imparato il linguaggio per leggere la Bibbia.
Risposta:
Avendo assistito a una sua conferenza e visionato molti dei suoi
video posso affermare che il Biglino ha invece sempre parlato del
processo interpretativo e dei suoi 4livelli, come ha anche sempre
sostenuto di soffermarsi di proposito sul livello più 'basso'.La sua
scelta é pienamente giustificata e coerente perchè egli non vuole
interpretare il testo ma tradurlo, quindi (osservazione mia) rimanere
più vicino al significato relazionale dei termini. Quando si
analizza un testo, o più genericamente una lingua, il significato
più certo é sempre quello del livello più basso e meno
interpretativo. Una interpretazione é per sua definizione l'
adattamento di un significato al contesto, quindi una
specializzazione del modo di utilizzare un termine, ma non può e non
deve mai avere più valore del suo significato (o dei suoi
significati, in caso ve ne sia più di uno) più intrinseco e meno
specializzato
L'autore
evidentemente non sa che in ebraico il livello più basso si presta a
più letture dettate da più di una tradizione orale. Vero è invece
che il significato etimologico di molti termini ebraici lo si deduce
proprio dal contesto e in molti casi nemmeno il contesto è
perfettamente chiaro (Segue l'esempio nella risposta al prossimo
quote).
Per
inciso: Biglino non fa altro che adattare alcuni termini ad un
contesto da lui stesso creato ed assolutamente inesistente nella
Bibbia.
CITAZIONE
Es
2):
“vayomer
elohim naseh adam besalmenu kidmutenu”
=
va-yo-mer (yo = terza persona, tempo futuro, in questo caso -mar/mer
indica numero singolare – mru avrebbe indicato numero plurale) +
eloah (nome univoco genere maschile) + im (numero plurale) +n-aseh (n
= prima persona plurale tempo futuro) + adam (nome univoco maschile
singolare) + be (locativo, qui ha il significato 'con') + selem (nome
univoco genere femminile numero singolare) + nu (aggettivo possessivo
numero plurale, prima persona) +ki (qualitativo) + demoth (nome
univoco genere femminile numero singolare) + nu(aggettivo possessivo
numero plurale, prima persona)In questa frase Elohim é
morfologicamente plurale, con un significato plurale, un utilizzo
singolare, autoreferentesi con elementi grammaticali tutti plurali.
Evidentemente
l'autore non fa caso ad un'altra possibile lettura riportata anche in
un'altra tradizione orale che legge il testo tutto al singolare:
נעשה
oltre
che "na'assè" è leggibile anche al nifal terza persona
singolare "na'assà" e di conseguenza: bizlomennu
kedamotennu.
CITAZIONE
In
questa seconda frase quindi é Elohim stesso (singolare) a dichiarare
una pluralità (n-aseh / salme-nu / dmute-nu) relativa a se stesso.
Cioè Elohim dà di se stesso un SIGNIFICATO OPERAZIONALE plurale,
perché utilizza i verbi in numero plurale.
L'autore
in questo caso non sta leggendo il testo ma lo sta interpretando
perché anche se leggiamo "na'assè" al plurale, il
soggetto si sta solo esprimendo al plurale che non vuol dire che chi
parla è una pluralità, né che chi cui si sta rivolgendo sia del
suo stesso genere. C'è infatti una tradizione che dice che l'uomo fu
creato nel quinto giorno come corpo animale, poi successivamente il
suo corpo venne modificato ed infatti la radice "עשה"
esprime l'aggiunta di una caratteristica o una modifica a qualcosa
già creata prima. La caratteristica è la donazione della ragione e
questo può anche essere espresso con il verbo ledamot al piel o
anche all'hifil con la decadenza della "he"
nell'interpretazione al singolare. Il plurale (se così si vuole
interpretare) si rivolge (secondo la tradizione) al padre e la madre
che mettendo al mondo i loro figli donano loro l'educazione che
consiste nello sviluppo della ragione.
Shalom
buona lettura:
RispondiEliminahttp://www.scribd.com/doc/111767850/x-Consulenza-Ebraica
Tutti con la testa sotto la sabbia vedo...
RispondiEliminaIl suo documento di risposta è totalmente privo di ogni interesse... il finale inoltre, in cui snocciola maggiori esperti trascura di omettere che tutti i maggiori esperti sono accademici pluri-riconosciuti, e non compare nemmeno uno straccio di "ricercatore indipendente", quale Biglino è, nella sua argomentazione. L'autogol è soltanto suo!
EliminaTi sei sputtanato con questa presunta risposta.
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