Si tratta di una critica ai madrelingua ebrei che scrivono su questo blog ma soprattutto su Consulenza Ebraica.
Il Demontis, appassionato sostenitore di Z. Sitchin e di Mauro Biglino, introduce un'analisi tecnica dell'esegesi che invitiamo a leggere. Dopodiché pubblicheremo anche le risposte degli uomini di Consulenza Ebraica ed in particolare di Avraham.
Di seguito, interamente ripreso da Scribd.it:
ANALISI
DI ALCUNE CRITICHE LINGUISTICHE
Vorrei
spendere qualche pagina per esaminare dei commenti di improvvisati
critici
linguistici
al lavoro dell' autore Mauro Biglino, non per difendere l' autore,
che ben si
difende
da solo, ma per fare chiarezza su alcune vicende a mio avviso molto
pericolose.
Viviamo
nell' era di Internet in cui la gente, specialmente i giovani,
preferisce cercare
nel
motore di ricerca e fermarsi al primo documento che trova piuttosto
che andare a
verificare,
approfondire ed esaminare. In un contesto simile, la diffusione di
false
informazioni
si dimostra particolarmente dannosa per l' altrui formazione,
portando a un
impoverimento
personale e collettivo. In un mondo in cui qualcosa non è reputata
vera se
non
è su Internet, e in cui più si è citati o pubblicizzati su
Internet più si é considerati
'autorevoli',
le mosse di alcuni critici di pubblicare e ripubblicare le loro
bestialità in
piattaforme
web ad alta diffusione crea un danno non da poco.
Dunque
reputo mio dovere, in quanto appassionato di linguistica e di linque,
cercare di
chiarire
alcune delle vicende che reputo più grossolanamente trattate e
potenzialmente più
dannose.
Premetto
che quanto espresso in queste pagine è la mia idea, basata sui miei
studi, e in
nessun
modo collegata all' idea espressa dal Biglino. Se le mie parole qui
possono
risultare
una sua 'difesa' é perchè le critiche mosse al suo lavoro vengono
confutate, con
ciò
che ne consegue; ma queste pagine sono una 'analisi della critica' e
non una 'difesa
nei
contronti dell' autore'.
Prima
di addentrarci nell' argomento in se, occorre stabilire alcune
definizioni
necessarie
per comprendere un discorso di analisi linguistica:
MORFOLOGIA:
è la parte della grammatica o della linguistica che ha per oggetto
lo
studio
della struttura grammaticale delle parole e che ne stabilisce la
classificazione e
l'appartenenza
a determinate categorie.
Esaminare
la FORMA di una parola significa quindi dividerla in MORFEMI (le
parti più
elementari)
e identificarne funzione e caratteristiche.
Esempio:
parola
=
dentale
morfemi
=
dent + al + e (dent = radice per l' apparato masticatore + al =
morfema che
implica
l' aggettivazione di un nome + e = morfema che definisce numero e
genere della
parola)
SIGNIFICATO:
é il valore intrinseco espresso dalla morfologia di una parola, esso
può
essere
di diversi tipi, ma comunemente si intende con questo termine il
concetto espresso
dalla
parola, più propriamente chiamato 'significato relazionale'.
UTILIZZO:
E' il 'significato operazionale' di una parola o di un morfema,
indica il modo
in
cui una parola viene utilizzata per innescare operazioni mentali che
riconducano a un
significato
relazionale
Esempio:
parola:
cane
significato
relazionale (significato):
appartenente alla razza dei canidi
significato
operazionale (utilizzo)
: 'sei un cane!' utilizzo che causa una operazione
mentale
di paragone al significato relazionale della parola (si paragona un
uomo a un
appartenente
alla razza dei canidi)
Fatte
queste necessarie premesse, possiamo entrare nel merito dell' analisi
linguistica e
concettuale.
L'
autre Biglino sostiene, elencando una serie di motivazioni, che il
termine ebraico
biblico
Elohim esprima una collettività di individui (dei quali non ci
interessa stabilire la
natura
umana o meno) e che, quando questo termine é utilizzato per
descrivere Yahweh,
indichi
uno tra i tanti Elohim.
E'
chiaro dunque che secondo l' autore il termine Elohim abbia una
valenza (significato
relazionale)
plurale (collettività) ed un utilizzo a volte singolare e a volte
plurale.
Analizziamo
il termine linguisticamente.
Morfologia:
Elohim
é composto dal morfema Eloh + il morfema IM; nella grammatica
ebraica il
morfema
IM indica un plurale. Il morfema Eloh si legge in realtà Eloah e
costituisce un
nome
univoco maschile.
Morfologicamente
quindi Elohim é composto da:
-
un nome
univoco maschile
-
un
morfema indicante numero plurale
Significato
relazionale (significato):
Essendo
presente il numero plurale di un nome, il significato relazionale
della parola
Elohim
é:
'Eloah
in una quantità pari a o maggiore di due'
Significato
operazionale (utilizzo):
varia
a seconda degli elementi grammaticali in gioco intorno alla parola.
Sono
attestati nella Bibbia utilizzi del termine accompagnati sia da
elementi
grammaticali
che definiscono un numero singolare sia da elementi grammaticali che
definiscono
un numero plurale.
Es
1): “Elohim
bara” =
eloah (nome univoco di genere maschile) + im (numero plurale)
+
bara (costruzione verbale alla terza persona singolare)
In
questa frase Elohim é morfologicamente plurale, ha un significato
plurale, ma un
utilizzo
singolare
Es
2): “vayomer
elohim naseh adam besalmenu kidmutenu” =
va-yo-mer (yo = terza
persona,
tempo futuro, in questo caso -mar/mer indica numero singolare – mru
avrebbe
indicato
numero plurale) + eloah (nome univoco genere maschile) + im (numero
plurale) +
n-aseh
(n = prima persona plurale tempo futuro) + adam (nome univoco
maschile
singolare)
+ be (locativo, qui ha il significato 'con') + selem (nome univoco
genere
femminile
numero singolare) + nu (aggettivo possessivo numero plurale, prima
persona) +
ki
(qualitativo) + demoth (nome univoco genere femminile numero
singolare) + nu
(aggettivo
possessivo numero plurale, prima persona)
In
questa frase Elohim é morfologicamente plurale, con un significato
plurale, un utilizzo
singolare,
autoreferentesi con elementi grammaticali tutti plurali. In questa
seconda frase
quindi
é Elohim stesso (singolare) a dichiarare una pluralità (n-aseh /
salme-nu / dmutenu)
relativa
a se stesso. Cioè Elohim dà di se stesso un SIGNIFICATO
OPERAZIONALE
plurale,
perchè utilizza i verbi in numero plurale.
Veniamo
ora alle critiche.
Tale
Ettore Pintore scrive:
1)
Già se si parla di Elohim come di un sostantivo plurale, si dimostra
di non
conoscere
nulla di ebraico.
Risposta:
a non conoscere l' ebraico sembra essere il sig. Pintore che non sa
che
Elohim
é morfologicamente plurale
2)
La desinenza in "im" è plurale solo in apparenza, in
quanto il termine Elohim è
sempre
singolare
Risposta:
il sig. Pintore non sa che in linguistica e in grammatica non esiste
la 'pluralità
in
apparenza', ma solo la pluralità. Il 'numero' dei nomi non é
soggettivo. Inoltre
memorizziamo
per adesso che il sig. Pintore afferma che Elohim é sempre singolare
(non
chiarisce
però se intende che ha una forma singolare, un significato
singolare, o un utilizzo
singolare)
3)
Tradurre al plurale significa non conoscere l'ebraico. A prova di ciò
sta il fatto che il
primo
verso della Bibbia sice: Bereshit barà elohimn et hashammaim veet
haaretz". In
principio
creò il Legislatore Supremo, il cielo e la terra". Il verbò
"barà" è al singolare,
mentre
se fosse stato al plurale sarebbe stato "barù". Si tratta
di una nota regola di
grammatica
ebraica che non si conosce o che fa comodo non conoscere
Risposta:
il sig. Pintore non può prendere della grammatica quel che gli piace
e scartare
quel
che non gli piace. La presenza di n- nell' esempio 2, attaccato al
verbo asah (fare),
indica
inequivocabilmente un plurale prima persona, quindi “facciamo”.
La presenza nello
stesso
passo di ben 4 morfemi di numero plurale ( -im, n-, -nu, -nu) indica
che siamo di
fronte
a una molteplicità di individui. E' una regola LINGUISTICA che
trascende la lingua
utilizzata,
e che chiunque abbia un minimo di cognizioni linguistiche DEVE
conoscere.
4)
Anche solo per analgia tra linguen semitiche, qualsiasi Arabo sa che
"allah" è
plurale
grammaticalmente, ma non si sognerebbe mai di tradurlo al plurale
Risposta:
purtroppo per il sig. Pintore anche qui é presente un grossolano
errore, per
non
dire una menzogna bella e buona. Il nome Allah ha due etimologie,
ancora nessuna
delle
due certa, e nessuna delle due ipotizza una morfologia con numero
plurale. La teoria
più
diffusa indica Allah come unione di due morfemi arabi: AL (articolo
determinativo,
numero
singolare, genere maschile) + ILAH (nome univoco, genere maschile,
numero
singolare)
il quale ha altre due forme: la duale = ILAHAIN, e la plurale =
AALIHAH. La
seconda
teoria invece, che sta prendendo piede negli ultimi anni, vuole Allah
derivante dal
siriaco
Alaha, sempre di numero singolare e genere maschile. Il falso
problema della
'pluralità'
di Allah viene da alcuni commentari (come quello di Sam Shamoun) che
fanno
notare
come nelle varie sure, in alcune frasi ipoteticamente o certamente
pronunciate da
Allah,
vengano utilizzati pronomi e aggettivi posessivi plurali. Potrebbe
esserci un
ragionevole
dubbio se nelle sure Allah parlasse di se SEMPRE al plurale, ma non è
così,
come
leggiamo per esempio in questi versi:
“Glory
be to Him Who made His servant to go on a night from the Sacred
Mosque to the
remote
mosque of which We have blessed the precincts, so that We may show to
HIM
some
of Our signs; surely He is the Hearing, the Seeing.” S. 17:1 Shakir
5)
il verbo usato è "merakefet" tradotto comunemente con
"aleggiava" In realtà la
radice
indica un'azione di terribile vibrazione di movimento, atta a
provocare un
cambiamento.
Comunemente un uccello che batte violentemente le ali a protezione
del
nido
è "merakef”
Risposta:
il sig. Pintore deve illustrare dove ha trovato l' indicazione di una
idea di
vibrazione
che causi cambiamento. I lessici attestano il significato di
'aleggiare – muoversi
sopra
– sorvolare', l' utilizzo che poi se ne fa non può invalidare (ma
tutt' al più completare)
il
significato relazionale del termine.
6)
leggere "ruah" come macchina o veicolo" è una
forzatura di un vocabolo
completamente
avulso dai suoi significati e dal suo cntesto. Non vi è nulla di più
fuorviante,
in ebraico, che prendere un'espressione, toglierla dal suo contesto
storico,
temporale,
grammaticale e di luogo e darle un significato che potrebbe anche
essere vero
ma
che può generare dei falsi clamorosi
Risposta:
Senza entrare nel merito del significato relazionale del termine
Ruach
(derivante
da una radice non più in uso e di etimologia incerta), mi preme solo
sottolineare
che
nel processo di traduzione di una lingua, e dei termini che la
compongono, le regole
della
lingua sottostanno alle regole linguistiche. Cosa intendo con
questo... per poter dire
di
aver tradotto un termine, si deve iniziare dal suo sigificato
relazionale intrinseco, e
vedere
se si adatta a tutti i contesti in cui il termine compare. NON si fa
il contrario, cioè i
significati
operazionali specifici dei contesti NON necessariamente devono essere
validi in
tutti
i contesti, perchè sono appunto estensioni nate per contesti
specifici. Il sig. Pintore fa
una
notevole confusione tra contesto e grammatica. La grammatica é
indipendente dal
contesto.
L' interpretazione (perchè quando si hanno più contesti si parla di
interpretazione
e
non di traduzione) di un termine può solo aggiungere significati o
'specializzare' i
significati
di un termine, ma non eliminarli. Dunque una lettura di significato
relazionale di
un
termine NON può creare dei falsi, solo la sua interpretazione a
livello di significato
operazionale
può farlo. Se si dovesse dimostrare che il significato relazionale
di Ruach
fosse
un oggetto materiale, come sostiene Biglino, questo non causerebbe
nessun falso.
Il
gestore del sito di critica, cercando di spiegare le sue critiche
alle traduzioni a un
utente
di nome Marc, fa un esempio:
Confutatio:
Se
traducessi letteralmente il tuo nome - senza tenere conto del
contesto - potrei
tranquillamente
allitterare 'Marc' a 'Marca' e quindi 'brand': a questo punto tu non
sei più
tu:
sei un marchio. E' evidente che una traduzione letterale
decontestualizzata non ha
senso
alcuno
Risposta:
L' alliterazione avviene solo all' inizio delle parole e solo in
numero di parole
pari
a o maggiore di due. Parlare di alliterazione all' interno di una
parola non ha senso. L'
esempio
fatto da Confutatio é una emerita 'castroneria castrante' (questa
si, è una
alliterazione).
Veniamo
adesso a due critiche mosse da tale Avraham, riconosciuto nel blog in
questione
come un critico attento, competente ed onesto. Egli fa importanti
ammissioni al
lavoro
di Biglino, ma poi si ferma a scrivere ancora sul termine Elohim.
1)
Il termine ebraico Elohim è nella sua forma più frequente al
singolare
Risposta:
a parte una evidente confusione tra forma e utilizzo, infatti la
forma
(morfologia)
del termine Elohim é di per se sempre purale inquanto presente il
suffisso
plurale
-im, questa frase stride con la dichiarazione del Pintore: “il
termine Elohim è
sempre
singolare”. Dobbiamo deciderci: Elohim, nei suoi utilizzi (e non
nella forma) é
sempre
singolare o solo 'più frequentemente' singolare?
2)
Non si può fare affidamento a quattro pezzi di coccio per
interpretare una
letteratura
così ricca come la Bibbia. Per questa ci vuole conoscere bene la
tradizione
orale
ebraica che ci istruisce su come venivano letti ed interpretati
nell’antichità i termini
biblici
che oggi altrimenti ci risulterebbero assoluti arcani e ciò comunque
rimangono
realmente
per chiunque l’ignora. Mauro Biglino non fa alcun cenno a questa
assolutamente
indispensabile letteratura da cui noi ebrei abbiamo imparato il
linguaggio
per
leggere la Bibbia.
Risposta:
Avendo assistito a una sua conferenza e visionato molti dei suoi
video posso
affermare
che il Biglino ha invece sempre parlato del processo interpretativo e
dei suoi 4
livelli,
come ha anche sempre sostenuto di soffermarsi di proposito sul
livello più 'basso'.
La
sua scelta é pienamente giustificata e coerente perchè egli non
vuole interpretare il
testo
ma tradurlo, quindi (osservazione mia) rimanere più vicino al
significato relazionale
dei
termini. Quando si analizza un testo, o più genericamente una
lingua, il significato più
certo
é sempre quello del livello più basso e meno interpretativo. Una
interpretazione é per
sua
definizione l' adattamento di un significato al contesto, quindi una
specializzazione del
modo
di usare un termine, ma non può e non deve mai avere più valore del
suo significato
(o
dei suoi significati, in caso ve ne sia più di uno) più intrinseco
e meno specializzato.
Questa
regola é specchio del normale processo di evoluzione di una lingua.
Qualsiasi
lingua
ha al suo comparire una struttura semplice e termini con significati
meno precisi (=
meno
specializzati) ma più rigidi. Per esprimere frasi precise in una
lingua simile é
doveroso
utilizzare un maggior numero di termini, man mano che la lingua
acquisisce
specializzazione,
sarà necessario un sempre minor numero di termini perchè ognuno di
questi
termini sarà più specializzato. E' una nozione ben nota a chi si
occupa di
glottologia.
Un
esempio 'da manuale' di questo fenomeno é il termine inglese arcaico
'steorfan /
steorfen'
dal significato relazionale di 'morire'. Questo, col passare dei
secoli, si é
specializzato
in 'starve' con significato operazionale di 'morire di fame', al
contempo
subendo
una modifica morfologica, cioè la perdita del morfema -an/-en
descrittiva di molti
verbi
arcaici inglesi. Un esempio che invece non mostra modifica
morfologica ma solo
semantica
operazionale é il verbo 'to wax', che in inglese arcaico aveva il
significato
relazionale
di 'aumentare' e che nel tempo ha assunto significato operazionale di
'evolversi'.
I due significati possono sembrare coincidenti ad una analisi
superficiale, ma il
primo
significato, quello relazionale, indica un cambiamento in 'quantità'
(aumentare),
mentre
il secondo, quello operazionale, indica un mutamento in 'qualità'
(evolversi). Ecco
un
esempio di ogni utilizzo:
-
He
waxeth angry =
la sua collera aumenta
-
I
cannot afford waxing feelings for her =
non posso permettermi che i miei
sentimenti
per lei si evolvano (es: si trasformino da affetto ad amore)
In
conclusione possiamo affermare che le critiche esaminate sono
linguisticamente
fallaci,
e rese ancora più gravi perchè spesso accompagnate da esclamazioni
denigratorie
nei
riguardi della capacità traduttiva dell' Autore.
Nota:
questo articolo verrà periodicamente aggiornato nel caso nuove
critiche o nuovi
sviluppi
di quelle analizzate dovessero evidenziare ulteriori mancanze dal
punto di vista
linguistico.
Caro Alex,
RispondiEliminavolentieri pubblico perché noi non siamo di parte in maniera becera e lasciamo spazio agli avversari ideologici o a coloro che hanno una visione diversa dalla nostra rispetto ad 'altri' che oltretutto dispongono il blog con filtri di moderazione al fine non di controllarne eventuali violenze verbali (lecito e sacrosanto) ma per impedire la diffusione di punti di vista diversi. Data però la quantità industriale di persone che ti hanno bannato su Facebook a causa del tuo modo di rivolgerti agli altri eviterei i commenti 'moralistici' del tipo: '...e rese ancora più gravi perchè spesso accompagnate da esclamazioni denigratorie
nei riguardi della capacità traduttiva dell' Autore.' perché davvero, sinceramente, non ti si addicono. Quindi critica, scrivi, confuta, contrasta, sii anche sarcastico, pungente e puntuale come sempre nella diatriba; evita però di cadere in palesi contraddizioni.
Credo che conosciate già il personaggio di Alessandro Demontis, che dopo il sumero e l'ebraico, tra un pò sarà un esperto di Lineare A e Sanscrito, nonché Astronomo, Astrofisico, Genetista, Storico, Matematico, Informatico e Ingegnere.
RispondiEliminaA parte gli scherzi, giusto per dare un'idea dei guai in cui si è cacciato a causa del suo caratteraccio e del suo voler essere esperto di tutto senza esserlo affatto, vi invito a leggere qualcuno degli articoli presenti in questo post:
http://www.eclisseforum.it/2012/07/24/zecharia-sitchin-e-alessandro-demontis-le-analisi-di-eclisseforum-it/