giovedì 12 dicembre 2013

Solidarietà senza 'se' e senza 'ma'

Mi auguro fermamente che sia uno scherzo e di cattivo gusto.
Qualora non fosse così, considero queste manifestazioni una follia assoluta da reprimere penalmente e culturalmente.
Mauro Biglino ha tutta la mia solidarietà e condivido il profondo rammarico nel constatare la perdita assoluta di senno da parte di personaggi caratterizzati esclusivamente da vigliaccheria.

AM - Confutatio
 
 

sabato 12 ottobre 2013

Definizione di 'neo-evemerismo'

A.S.P.I.S. - acrostico per Associazione Scientifica per il Progresso Interdisciplinare delle Scienze - è una libera associazione sorta a promozione e difesa dell'Eterodossia credibile, spesso identificata con una 'Ortodossia revisionista' (citaz. da Giorgio Giordano blogger de La Macchina del Tempo - Paleostorie La Macchina del Tempo ) dove si fa riferimento a visioni diverse del passato umano spesso lontane dall'ufficialità.
Al contempo ASPIS è:

'[...] non solo la ricerca, ma anche la difesa della verità da un rumore di fondo mediatico che oggi, specialmente grazie alle nuove tecnologie come internet, troppo spesso rischia di sostituirsi alla realtà dei fatti. La ricerca eterodossa, il desiderio di conoscenza, la chiarezza divulgativa e l’onestà intellettuale costituiscono i quattro punti cardinali dell’Associazione Scientifica per il Progresso Interdisciplinare delle Scienze'

(citaz. da Roberto Bommarito, nota di apertura in homepage su A.S.P.I.S. )

ASPIS sostiene la diatriba versus l'Autore oggetto di polemica su 'Confutatio' poiché 'Confutatio' stessa è co-fondatore dell'Associazione.
L'obiettivo è quello di costruire dei caposaldi riflessivi, anche di frontiera, ma disciplinando le polluzioni incontrollate della fantasia, riportando alle necessarie definizioni scientifiche che sono strutturali tanto all'Ortodossia quanto all'Eterodossia.

La riflessione che segue è di questo tenore.
Di Fabio Marino, volentieri pubblichiamo:

Neoevemerismo - Breve definizione (Fabio Marino per A.S.P.I.S.)

Neoevemerismo – Breve definizione

Evemero, chi era costui?
Evemero da Messina (in gr.: Εὐήμερος, in lat.: Euhemerus; Messina, ca. 330 a.C. – Alessandria d’Egitto, ca. 250 a.C.) è stato un filosofo, storico e scrittore greco antico d’età ellenistica.” (cit.) Detta così, in effetti, sembra quasi di trovarsi davanti davvero al classico Carneade di manzoniana memoria. Invece, il filosofo greco è passato alla storia per una sua sorprendente ipotesi, che non ha mancato di lasciare tracce pesanti nell’evoluzione filosofica, teologica e spirituale dell’Umanità. Il buon Evemero, infatti, con intuizione non necessariamente infelice, teorizzò che gli Dei in quanto tali (cioè Esseri Superiori da cui dipendeva il destino degli Uomini) non esistevano affatto. Essi rappresentavano, secondo lui, il ricordo romanzato di uomini venerabili e potenti, che, nel corso delle generazioni, erano stati divinizzati e resi Dei immortali, ciascuno secondo le proprie capacità umane originali. Evemero espose le sue concezioni filosofico/teologiche nell’opera Ἱερὰ ἀναγραφή (“Hierà anagraphé“, tradotta da Ennio come “Sacra scriptio“), in cui, paradossalmente, di sacro vi è ben poco; l’opera stessa è giunta fino a noi solo in frammenti e per via di tradizione riportata e riadattata nel corso dei secoli. Gran parte di ciò che conosciamo delle sue idee lo dobbiamo a Diodoro Siculo.
Nella “Storia sacra” vi è il racconto di un viaggio immaginario (ampia consuetudine letteraria e didascalica dell’epoca), in cui viene descritta una città ideale (Pancaia Παγχαία- o Panchea), sita in un’isola dell’Oceano Indiano (già noto ai tempi di Alessandro il Grande); questa città, secondo “canoni” classici, è retta attraverso un sistema collettivista, dal quale si dipana poi l’impianto evemerista.
Non male, come intuizione: lo si deve riconoscere. Una interpretazione di tal guisa, razionale e “fredda”, deve essere comunque apprezzata, specialmente se la si inquadra nel contesto storico, pur sempre razionalista e (oserei dire) “pre-scientista” della Grecia del IV-III secolo a.C. Rappresenta di certo, insomma, un vero salto in avanti, se raffrontato alla allora nascente dicotomia fra religiosità e spiritualità spesso a carattere magico e superstizioso da una parte, e un ateismo ante litteram privo di basi antropologiche, dall’altra. In assenza di basi concrete, e basandosi soltanto su un’intuizione a priori, Evemero getta le basi per un sistema che, apparentemente destinato ad essere presto dimenticato, rimase ben vivo, alimentando dispute teoriche a cadenza quasi periodica.
Oggigiorno, tuttavia, l’evemerismo (di cui si può trovare un breve riassunto FINANCO su Wikipedia) non rappresenta più una corrente di rilievo nella filosofia ateo/scientista, che utilizza legittime argomentazioni di altro tipo, non ultime quelle indicate fin dai tempi di Freud, e che attingono a piene mani a constatazioni di tipo analitico. Per correttezza, suggerisco anche la lettura di considerazioni di verso opposto a quelle freudiane, ancorché garbatamente polemiche (e non prive, comunque, di pregio).
Una definizione “datata”, ma corretta, del termine si trova qui, da autorevole fonte. Personalmente, ho iniziato ad individuare con questo termine la tendenza (purtroppo, spesso legata a biechi interessi solo editoriali) a voler “interpretare-senza-interpretare-ma-facendo-finta-che” con una notevole -diciamo…- disinvoltura alcuni famosi testi sacri, in primo luogo la Bibbia. Queste interpretazioni propugnano invariabilmente l’idea (basata sul nulla, nella migliore delle ipotesi) che la Bibbia, specialmente il Pentateuco (i primi 5 libri dell’Antico Testamento, tradizionalmente attribuiti a Mosè), sia non già il Libro Sacro di un popolo e di tre Religioni, ma il resoconto semplicione di semi-barbari primitivi di uno sbarco alieno in grande stile sulla Terra. In altri termini, gli Elohim sarebbero alieni, e YHWH (il Dio degli Ebrei e dei Cristiani) uno di loro, per giunta neppure tanto sveglio e niente affatto perbene. Come si vede, una visione “moderna”, e quindi neo-evemerista, delle ipotesi di Evemero. Nulla di originale, quindi. Con l’aggravante che, in questo caso, non esiste alcun percorso storico-filosofico serio che conduca a simili risibili affermazioni.
Per quel che mi consta, a parte numerosi tentativi nel corso dei secoli presto caduti giustamente nel dimenticatoio, la corrente neo-evemerista iniziò il suo chiassoso e poco credibile percorso negli anni ’60 del Novecento, allorquando il rev. Barry Downing (statunitense, e, come molti suoi conterranei, incline al sensazionalismo: “Absit iniuria verbis“), dottore di ricerca sul rapporto Scienza-Religione all’Università di Edinburgo , scrisse “The Bible and Flying Saucers” (1968, 1997), “passando il concetto” al famoso Erich von Daniken (dei cui errori e plagi parleremo in altra circostanza). A seguire, sulle medesime orme del Reverendo (il quale sosteneva che gli angeli della Bibbia erano in realtà alieni e che furono costoro a parlare a Mosé sul Monte Sinai, monte da cui il Profeta sarebbe salito di un UFO appositamente per ricevere le Tavole della Legge, nonché che Gesù era un extraterrestre mandato sulla Terra per redimere il mondo dai suoi orribili peccati…) si pose il giornalista francese Claude Vorilhon. Ribattezzatosi Rael, quest’ultimo diede forma teologica agli assunti di Downing, creando una vera e propria religione (il Raelismo), che conterebbe circa 40.000 seguaci.
Oggi, sull’onda decisamente acritica di un’adesione ad una visione neo-millenaristica della Religione (segnatamente quella di origine giudeo-cristiana), impazzano i “testi” e gli “articoli” del sig. Mauro Biglino, il quale, in buona sostanza, indirizza la sua “azione scientifica” nel senso di raffazzonate “traduzioni”, non riconosciute da alcuno “al di fuori di lui” e dei suoi seguaci. Basta visitare il sito di Consulenza Ebraica, per leggere della ilarità suscitata dalle fantasiose interpretazioni di questo Autore.
Per quanto riguarda la definizione di “neo-evemerismo”, penso possa bastare. Per quanto riguarda, invece, le fantasie in puro stile “Guerre Stellari” di taluno, ci torneremo. Con un’avvertenza: noi non spariamo mai, né con cannoni, né con altro. Noi ARGOMENTIAMO, se del caso “a contrariis”. Comunque, se qualcuno intende suonare le sue trombe, A.S.P.I.S. ed io suoneremo le nostre campane.

© 2013 dr. Fabio Marino

giovedì 10 ottobre 2013

Il sacrificio dei sacrifici

di Niccolò Bisconti, laureato all’Università di Siena in Scienze dei Beni Archeologici ad Indirizzo Professionalizzante ora è iscritto alla laurea Magistrale in Archeologia presso la medesima università. Dal 2008 ha eseguito numerosi scavi e ricognizioni sulla Civiltà Etrusca a Populonia, nel Golfo di Baratti, nel comune di S.Vincenzo (Livorno). Nell’ambito dell’archeologia dei paesaggi ha svolto il progetto di “Valorizzazione del paesaggio urbano e rurale di Abbadia San Salvatore (Siena)”, dove è tuttora impegnato per il recupero dei beni archeologici locali. Dal 2012 collabora con il progetto universitario SB Research Group (SBRG) con il quale ha pubblicato alcuni articoli di ricerca e studio in particolare nel campo dell’archeoacustica

Volentieri pubblichiamo.


http://www.losai.eu 



LE INTERPRETAZIONI DEI SACRIFICI BIBLICI SECONDO MAURO BIGLINO SONO ATTENDIBILI?



Nell’articolo precedente consultabile al link 


 

sono state sintetizzate le incongruenze più grandi delle interpretazioni di Biglino fatte sulla Bibbia; per gli approfondimenti sulle questioni traduttive, linguistiche e filologiche rimando ai forum specializzati.

Abbiamo visto nel primo contributo che molto di ciò che scrive Biglino sulla Bibbia è infondato oppure assomiglia troppo a fantateorie recenti (Erich von Daniken, Barry Downing, Rael ecc.). Non deve essere la scienza a smentire Biglino, bensì dovrebbe essere egli stesso a dimostrare la fondatezza delle sue scoperte.
Come ho già detto in altre sedi, i miei brevi e modesti articoli non hanno lo scopo di smontare niente visto che l'ipotesi di Biglino non ha alcuna base scientifica. Quello che sto cercando di fare, con nemmeno troppi sforzi, è di invitare alla riflessione; sarà poi il lettore a decidere se approfondire oppure continuare a credere al “Sitchin italiano”.


Nel video GLI ELOHIM E LA CARNE BRUCIATA http://www.youtube.com/watch?v=-6iUqO3fpm4 Mauro Biglino dimostra di non avere la benchè minima conoscenza di tutto ciò che gravita intorno al complesso e variegato mondo dei sacrifici nei riti religiosi.  

Essendo impossibile elencare tutti i nomi degli studiosi di questo ambito per dovere citerò solo quelli più importanti: Wilhelm Schmidt, Angelo Brelich, Walter Burkert, fino poi arrivare ai più famosi Émile Durkheim, Marcel Mauss, Edward Burnett Tylor.

Riguardo invece all’analisi dei sacrifici di cui parla la Bibbia consiglio i libri di: Julius Wellhusen in Prolegomeni alla storia di Israele nel XIX secolo, Animal sacrifice in ancient Greek religion, judaism, and christianity, di Maria-Zoe Petropoulou e, per una ricognizione generale, Sacrifice in religious experience di Albert I. Baumgarten.



Riassumerò in breve il pensiero di Biglino sul significato dei sacrifici nella Bibbia, in particolare di quelli trattati nel Levitico 1-7. Egli sostiene che gli “Elohim (esseri alieni in carne ed ossa) amavano annusare degli odori particolari”, o meglio ancora “calmanti”; per questo motivo chiesero al popolo di Israele di eseguire determinati sacrifici. Uno degli odori più richiesti agli israeliti era l’odore della “carne alla griglia”; tuttavia in altre occasioni essi richiedevano altri particolari aromi (tutto ciò potrete visionarlo nel link del video su citato).

Biglino continua spiegando con estrema serietà che la teologia e gli stessi ebrei, interrogandosi sul senso del sacrificio, abbiano poi dato delle interpretazioni di carattere spirituale e/o religioso in seguito.

Con estrema convinzione Mauro Biglino svela poi il significato dei sacrifici: dopo le prime esplorazioni dell’uomo nello spazio, si è scoperto che anche il vuoto cosmico ha un odore particolare che ricorda, per l’appunto, quello della carne bruciata; applicando il sillogismo, Biglino arriva quindi alla conclusione che gli Elohim, essendo esseri provenienti dallo spazio molto probabilmente richiedevano determinati sacrifici bruciati per riprodurre lo stesso odore.



Prima di esporre brevemente cosa sia il sacrificio in generale e come siano suddivisi quelli biblici, c’è da precisare innanzitutto che l’odore dello spazio assomiglia sì a una bistecca alla griglia, ma anche ad un metallo riscaldato; inoltre c’è da aggiungere che a differenza di quanto riportato da Biglino nel suo video, nello spazio gli odori non si propagano, ma “accade che il tessuto della tuta sia superficialmente alterato dopo essere stato bombardato all' esterno da molecole di ossigeno atomico e radiazioni cosmiche normalmente presenti.

Non si capisce come mai Biglino ometta queste due importanti caratteristiche: forse perché stonanti con le sue assurde interpretazioni?

Fonte originale


Sono molte le domande che si potrebbero fare dopo questa assurda interpretazione dei sacrifici; ma lascio ai seguaci di Biglino il compito di rivolgergli le dovute questioni o dubbi.

Una piccola riflessione vorrei però condividerla con il lettore: perchè degli esseri alieni capaci di viaggiare nello spazio, ed avere automaticamente tecnologie incredibili hanno chiesto agli umani di fare dei barbecue? Non era più semplice riprodurre “l’odore spaziale” nei loro laboratori? E ancora, come si disponevano intorno all’olocausto per annusare gli odori del sacrificio?

Ad immaginare la scena vien da ridere, ma a pensare che ci siano persone che credono nelle tesi dell'Autore vien da piangere.



I SACRIFICI BIBLICI



Il sacrificio, (dal latino sacer+facere, ovvero “rendere sacro”) è un atto rituale diffuso in tutte le religioni del mondo: il suo significato intrinseco e le modalità di esecuzione variano molto da culto a culto. Tuttavia nel suo senso generale “sacrificare” esprime il concetto di porre in relazione il mondo umano con quello divino e/o spirituale attraverso uno scambio, che si concretizza appunto con l’atto del sacrificio. Occorre precisare che da un punto di vista terminologico i sacrifici sono delle offerte.

Come in tutte le religioni, anche in quella ebraica il sacrificio simboleggia l’atto in cui l’uomo entra in relazione con Dio, attraverso l’offerta di proprietà che permettevano la vita fisica di Israele come bovini, caprini, ovini, cereali, uva ed altri alimenti.

Nei capitoli 1-7 del Levitico, vengono elencate le norme rituali per eseguire i sacrifici e le offerte, (http://www.laparola.net/wiki.php?riferimento=Lev1-7&formato_rif=vp) che possono essere sintetizzate in:


- oblazioni di cibo: comprende le offerte in generi alimentari come i cereali, e il suo significato è di riconoscenza a Dio (Levitico 2:1-6)

- olocausti: è un sacrificio di tipo animale, in cui l’animale viene ucciso, messo sull’altare e bruciato ( Levitico 1:3-17)

- i sacrifici di ringraziamento o comunione; (Levitico 3:1-17)

- i sacrifici di espiazione per i peccati:  questa tipologia di sacrificio serviva per i peccati commessi nei confronti di Dio (Levitico 4:1-5:13)

- i sacrifici di riparazione per le colpe; questo a differenza di quelli di espiazione era per riparare i peccati commessi verso le persone (Levitico 5:14-6:7)

- i sacrifici votivi o volontari; ( Levitico 7:16,17- 22:21,27- Numeri 6:21- 15- 30:11)

Mauro Biglino, proprio come Sitchin (http://www.sitchiniswrong.com/) utilizza le parti 'utili alla causa', le estrapola dal loro contesto costruendoci sopra delle teorie decisamente fantascientifiche onde poi 'pennellarle' come verità. A riprova di ciò basta osservare come Biglino ometta di parlare di tutte le restanti offerte sopraelencate e del perché esse venissero richieste da Dio.

Anche nel caso del sacrificio dell’olocausto, Biglino tralascia volutamente un particolare descrittivo che rende il senso e spiega questa offerta:

“E poserà la mano sulla testa dell’olocausto, il quale sarà accetto all’Eterno, per fare espiazione per lui.” Levitico 1:4

Non si legge da nessuna parte che il Dio di Israele (per Biglino gli Elohim ovvero, ribadisco, veri e propri esseri in carne ed ossa) chiedesse sacrifici per bisogni fisiologici; tale interpretazione è una inverosimile e puramente arbitraria asserzione senza peraltro essere suffragata da riscontri oggettivi.
Leggendo il Levitico dai capitoli 1-7 si comprendono bene i motivi e le finalità dei sacrifici. (http://www.laparola.net/wiki.php?riferimento=Lev1-7&formato_rif=vp)
Il Dio di Israele in questi passi si rivolgeva a popoli ancora primitivi: i sacrifici, quindi, rappresentavano l’atto di offrire qualcosa di vitale e importante a Dio, un atto di devozione o di espiazione adattato alla mentalità “immatura” e pagana del tempo.

Il nuovo Dio si adatta ai vecchi rituali pagani per poi farli scomparire lentamente in un processo di “evoluzione intellettiva/spirituale”.

Si comprenderà che il sacrificio è solo un rituale esteriore, ed esso è privo di senso se non fosse eseguito con il cuore, un pò come un regalo che facciamo ad una persona magari solo per dovere o apparenza:

  “ [...]poiché voglio l'amore e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più degli olocausti.” (Osea 6,6)

In questo passo si evince la comprensione dell’essenza del sacrificio da parte del profeta, ciò che Dio vuole veramente dall’uomo:

“[...] Mangerò forse la carne dei tori? Berrò forse il sangue dei capri?Offri a Dio come sacrificio la lode e sciogli all'Altissimo i tuoi voti; invocami nel giorno dell'angoscia: ti libererò e tu mi darai gloria”  (Salmo 49)

Altri esempi: 1Sam 15,22 /  Is 1,10-17 / Sal 39,7-11.

Biglino, con un atto che somiglia più ad astuzia intellettuale che ad una effettiva recherche, non tiene conto di questi passi perché altrimenti collimerebbero con la sua teoria fondata sugli alieni creatori e colonizzatori.

In tutte le religioni è presente il gesto del sacrificio ed è in quest’ultimo che vi si ritrova l’essenza della religione. Le interpretazioni di Biglino riguardo al sacrificio biblico sono più simili ad un 'b-movie' di fantascienza e il ritenerle vere è un errore poiché nessun documento (tranne forse i libri dello studioso) ne attesta la validità.

In conclusione se alla frase di Verderame:


“[...] Sitchin, come altri autori del genere, costruisce le sue teorie sulla traduzione di passi e non sull’interpretazione del testo originale”


sostituissimo Sitchin con Biglino, il risultato non cambierebbe. Abbiamo due scrittori dotati senz’altro di grande fantasia, ma del tutto privi di scientificità.



FONTI:



Baumgarten, A., Sacrifice in religious experience

D’Agostino, B., Società dei vivi, comunità dei morti: un rapporto difficile, Dialoghi d'Archeologia.

Favole, A., Resti di umanità.

Furlani, G., Il Sacrificio nella religione dei Semiti di Babilonia e Assiria.                                   
Gemeren, W., Evangelical Dictionary of Theology.                                                                    
Wellhusen, J., Prolegomeni alla storia di Israele.                                                              

di Niccolò Bisconti, laureato all’Università di Siena in Scienze dei Beni Archeologici ad Indirizzo Professionalizzante ora è iscritto alla laurea Magistrale in Archeologia presso la medesima università. Dal 2008 ha eseguito numerosi scavi e ricognizioni sulla Civiltà Etrusca a Populonia, nel Golfo di Baratti, nel comune di S.Vincenzo (Livorno). Nell’ambito dell’archeologia dei paesaggi ha svolto il progetto di “Valorizzazione del paesaggio urbano e rurale di Abbadia San Salvatore (Siena)”, dove è tuttora impegnato per il recupero dei beni archeologici locali. Dal 2012 collabora con il progetto universitario SB Research Group (SBRG) con il quale ha pubblicato alcuni articoli di ricerca e studio in particolare nel campo dell’archeoacustica - See more at: http://www.losai.eu/sacrifici-biblici-le-interpretazioni-di-mauro-biglino-sono-attendibili/#sthash.Xv1eJdPW.dpuf
di Niccolò Bisconti, laureato all’Università di Siena in Scienze dei Beni Archeologici ad Indirizzo Professionalizzante ora è iscritto alla laurea Magistrale in Archeologia presso la medesima università. Dal 2008 ha eseguito numerosi scavi e ricognizioni sulla Civiltà Etrusca a Populonia, nel Golfo di Baratti, nel comune di S.Vincenzo (Livorno). Nell’ambito dell’archeologia dei paesaggi ha svolto il progetto di “Valorizzazione del paesaggio urbano e rurale di Abbadia San Salvatore (Siena)”, dove è tuttora impegnato per il recupero dei beni archeologici locali. Dal 2012 collabora con il progetto universitario SB Research Group (SBRG) con il quale ha pubblicato alcuni articoli di ricerca e studio in particolare nel campo dell’archeoacustica - See more at: http://www.losai.eu/sacrifici-biblici-le-interpretazioni-di-mauro-biglino-sono-attendibili/#sthash.Xv1eJdPW.dpuf

lunedì 7 ottobre 2013

Il Culto dei Cargo: citazioni supportate da fonti inattendibili e scienziati inesistenti

Il mio consiglio è di seguire attentamente il video.
Spero davvero che l'Autore in questione su Confutatio ci smentisca per non rimanere, nuovamente, basiti come nel caso del razzo egizio riportato nella prima Opera e rivelatosi poi una bufala in photoshop non preventivamente verificata.

Di seguito:


martedì 1 ottobre 2013

Dovuta precisazione

Sono stato costretto a cancellare il topic 'Nuove Voci si Levano' che comunque trovate al seguente indirizzo:
http://www.gianlucamarletta.it/wordpress/2013/08/niccolobisconti/#comment-24120
poiché redatto da un certo Niccolò Bisconti che, aldilà delle lecite considerazioni sul lavoro dell'Autore confutato su questo blog, ha realizzato il proprio articolo prendendo qua e là considerazioni precedenti di collaboratori come Il Cecca, Fabio Marino e anche il sottoscritto.

Pertanto, pur considerando sempre un vantaggio far girare le riflessioni, è necessario che queste - qualora non proprie - siano accompagnate da citazioni e riferimenti chiari.

Grazie e perdonate la cassazione del post ma si è resa necessaria per la serietà che contraddistingue 'Confutatio'.

martedì 23 luglio 2013

Con che diritto e a quale titolo?

Leggiamo interessanti polemiche versus l'Autore Mauro Biglino incentrate su tematiche morali, tentativo di arginare il dilagare agnostico tipico di certa tendenza.

Si levano domande del genere 'ma come si permette?', in soldoni.

'Confutatio' indica la strada per un contrasto efficace: inchiodare l'Autore sulle affermazioni traduttive e sulle capacità letterarie, non ultime grammaticali, inerenti il lavoro di traduzione della Torah e di altre partizioni.

Non solo: evidenziare le contraddizioni storico-archeologiche all'interno dei suoi prodotti editoriali più che altro, l'impressione di chi li ha letti,  basati sullo 'strillo' di giornalistica memoria piuttosto che di effettiva Recherche.

'Anathema sit!'.

Non funziona così, il consiglio è di interpellare 'Confutatio'.

venerdì 19 luglio 2013

Dovuta dissociazione

http://www.youtube.com/channel/UCtDbgLZquL2m1-l3xBkqTYA

Ho visto questo broadcast su YouTube che spesso pone nei suoi video immagini e citazioni di 'Confutatio'.

Dato l'approccio ad personam nei confronti di Mauro Biglino e non versus l'ipotesi, aspetto core di 'Confutatio'


mi dissocio completamente dalle modalità critiche di questo Account (Incoscienza Umana) e da quanto affermato che è e rimane una propria visione esclusiva.


La critica, la diatriba sono un diritto. 

Ma il dovere della critica è preservare la persona e la sua dignità, aldilà delle contrapposizioni ideologiche.

Archeomisterica Eterodossa - AM - 'Confutatio'

sabato 1 giugno 2013

Neo - Evemerismo - III Parte


Di Fabio Marino, terza ed ultima parte
Volentieri pubblichiamo


LA BIBBIA E GLI ALIENI – MITOPOIESI MODERNA O NEO-EVEMERISMO SOSTENIBILE?
PARTE III – DISCUSSIONE GENERALE E CONSIDERAZIONI FINALI


Ci eravamo lasciati, nella seconda parte, con alcuni problemi relativi all’origine della “fusione” di El e YHWH nell’unica divinità nazionale degli Israeliti. Ora, è necessario chiudere la questione, almeno per quanto ci riguarda. Prima, però, vorrei fare una brevissima considerazione in relazione alla vexata quaestio di Elohim, già discussa nella parte precedente: quando si cita l’episodio di Cristo che “cammina sulle acque” del lago (Figura 1), parliamo di “acque” in senso plurale, oppure è semplicemente un modo di dire? Non credo che sia necessaria una risposta …

(fig. 1)

Il problema di El/YHWH, complicato dai numerosi attributi del primo (due per tutti, El Elyon, cioè l’Altissimo, e El Shaddai o Saddai, probabilmente “Signore della Montagna” –ma esistono numerose altre declinazioni del sostantivo El) si osserva anche nella Bibbia, dove, com’è noto, esistono almeno quattro “codici” letterari: E, J, P, D. Stiamo parlando della cosiddetta “ipotesi documentale”, secondo cui la Bibbia fu scritta, riveduta e corretta (come appare ragionevole ed ovvio) in diversi periodi e da diversi Autori.

(fig. 2) Una Bibbia ebraica

Ora, se il neo-evemerismo di taluni fosse adeguato a rappresentare correttamente la realtà, ci si aspetterebbe, naturalmente, che la fase E (Elohista), quella, cioè, in cui il nome di Dio è El o Elohim, fosse la più antica. In fondo, “gli” Elohim sarebbero prima giunti sulla Terra, e solo dopo uno di loro (YHWH o Jahvè, da cui la tradizione J o Jahvista) si sarebbe messo a capo del popolo ebraico: pare ragionevole, non è vero? E invece, la tradizione più antica è quella del codice J, risalente almeno all’XI-IX secolo a.C. Il codice E risale, a quanto sembra, “solo” all’VIII secolo a.C., ed è caratteristico del Regno di Israele (quello settentrionale, figura 3), la parte della nazione ebraica più propensa all’adorazione di altri dei, non fosse atro che per la forte influenza del potentissimo vicino assiro-babilonese, e tanto prona all’allontanamento dalla tradizione religiosa monolatra/monoteista, da essere il principale obiettivo delle invettive di quasi tutti i profeti, a cominciare da Osea.

(fig. 3) I due regni di Israele e Giuda (coesistenti dal 993 al 722 a.C.)

In più, esistono numerosi indizi di una sostanziale identità (anche etimologico-semantica) fra El e Baal, il vituperato dio fenicio-canaaneo. Gli altri due codici (di minore importanza in questa discussione) sono il Deuteronomista (guarda caso, prevalente nelle scritture originarie del meridionale Regno di Giuda, e base per la profonda revisione monolatrico/monoteista operata dal re Giosia nel 621 a.C.) e il Sacerdotale (P sta per “Priestercodex”), che raccoglie testi anche molto antichi, ma sviluppati solamente in epoca post-esilica (successivamente, quindi, al 587 a.C.). Che significato ha tutto ciò? Diciamolo in estrema sintesi (lo spazio è tiranno): dall’Egitto non vi fu alcun esodo, come confermato da numerosi ritrovamenti archeologici. Per lo meno, non nel senso che noi attribuiamo all’esodo. Infatti, sembra che gruppi isolati di quelli che sarebbero divenuti successivamente “gli Ebrei” (e, quindi, tribù canaanee) si siano stabiliti per un certo periodo (pari a forse uno o due secoli al massimo) nel Basso Egitto. La guida di Mosè, vissuto per lungo tempo in territorio madianita

 (fig. 4) Il territorio di Madian

avrebbe ricondotto questi individui (valutabili in qualche migliaio, non certamente nel numero spropositato riportato dalla Bibbia, pari, solo per i maschi, a 650.000 …) nella patria originaria, nel segno di una “ricongiunzione” e di una fede unificante: quella in YHWH, che poi, “generally speaking”, si fuse con quella, tutta canaanea, del Dio unico chiamato El/Elohim, nei limiti di cui si è detto sopra. Resta da stabilire donde venga fuori “YHWH”. Un abbozzo di spiegazione c’è già nella parte precedente; ma ora entriamo (perché è importante, ai fini della nostra indagine) un po’ più in dettaglio, confortati anche dai ritrovamenti archeologici.

Si dà il caso, in effetti, che il nome YHWH (la cui vocalizzazione è sconosciuta, in realtà, ma è comunemente accettata come "Jahvè") non viene mai trovato nei testi e nelle storie canaanei, per cui nasce naturale la domanda di sapere donde abbiano derivato il loro Dio gli Israeliti. La ricerca archeologica delle origini di questa divinità conduce, inevitabilmente e piuttosto sorprendentemente, di nuovo nella culla di tutte le civiltà: l'Egitto. A Karnak, infatti, esistono numerosi bassorilievi che celebrano le vittorie del noto faraone Seti I, padre del grande Ramsete II. Ebbene, in una di queste opere celebrative, si ricorda la schiacciante vittoria del sovrano egizio sul popolo degli Shasu. Shasu è un termine dell'antico egizio usata per indicare popolazioni nomadi dell'area palestinese. Questa parola, evolutasi a partire dal verbo


š3š(w)

(il cui significato letterale è "muoversi a grandi passi"), compare a partire dalla XVIII dinastia e rimane in uso fino al terzo periodo intermedio (1550 a.C. - 750 a.C.), indicando esplicitamente uno stile di vita caratteristicamente nomade. Ora, le ricerche archeologiche hanno permesso di appurare che la zona di origine in cui con un elevato indice di probabilità erano presenti gli Shasu era situata in quella che la Bibbia chiama "Madian", ovvero una zona posta al confine fra la moderna Giordania e l'Arabia Saudita (figura 4). Capoluogo di questa popolazione era una località conosciuta con il nome di YHW, forse non troppo casualmente; dove, nemmeno in questo caso troppo casualmente, “teneva famiglia” Mosè: la moglie Sippora (o Sefora), i figli Ghersom e Eliezer, il suocero e sacerdote Ietro; e sempre per caso –suppongo- è proprio nel territorio di Madian che avviene la teofania del roveto che “ardeva e non si consumava”. Cosa può dunque essere accaduto? E, soprattutto, la moderna archeologia permette o no di stabilire se un esodo dall'Egitto alla Terra Promessa è avvenuto veramente? Qual è il significato dell'esistenza di una località con un nome così simile a quello della Tetragramma ebraico?

Per la prima volta il termine compare in una lista risalente al XV secolo a.C. riportante un elenco di popolazioni stanziate grosso modo nell’attuale Transgiordania. In questa lista, uno dei territori occupati dagli Shasu è indicato come "YHW, nella terra degli Shasu". Esistono diverse iscrizioni di origine nubiana attribuibili alla XVIII e XIX dinastia in cui è presente la frase “Shasu di YHW”. Un bassorilievo di Amrah può essere attribuito al periodo del regno di Seti I (fine del XIV-inizio del XIII secolo a.C.), mentre l’iscrizione probabilmente più antica è databile alla metà del XIV secolo, quindi al regno di Amenofi  III (anche qui, suppongo sempre per caso, si verifica un’altra straordinaria circostanza: Amenofi III è il padre di Amenofi IV, il faraone eretico più noto come Akhenaton, primo monoteista della storia…). La sua origine è il tempio di Amon di Soleb:



t3 š3 sw y h wa (w) - ta Shasu Yehwa (Yehwa della terra degli Shasu).

Gli studiosi più cauti rimangono pressoché in stallo tra l’idea che una tribù edomita fosse seguace del Dio YHWH oppure che, per pura coincidenza, il nome di una tribù sia pressoché identico a quello del Dio degli ebrei. Ovviamente, esiste, sotto il profilo squisitamente teologico e religioso, una terza possibilità: e cioè che il Dio degli Ebrei si sia manifestato per la prima volta proprio in quel di YHW, mutuandone il nome; oppure, colà manifestatosi e rivelatosi, abbia conferito il Suo nome alla località.
Sia come sia, gli studi più recenti sembrano aver acclarato, oltre ogni ragionevole dubbio, che nessuna invasione della Palestina a danno dei Canaanei abbia mai avuto luogo; ad esempio, la città di Azor sembra essere caduta sotto i colpi di una rivoluzione interna, non di un attacco esterno. Ma di questi argomenti, semmai, parleremo un’altra volta; qui è necessario solo sottolineare l’aspetto sincretistico della religione El/YHWH: un solo Dio, più nomi, per coniugare tradizione e rivelazione mosaica.

Ed eccoci, infine, giunti al punto focale della discussione sull’insostenibilità della stravagante e poco originale “ipotesi” neo-evemerista di tanti Autori, attuali o passati. Intanto, bisogna precisare che stiamo parlando semplicemente di una ipotesi. Un'ipotesi è un'idea provvisoria il cui valore va accertato. L'ipotesi richiede quindi uno sforzo da parte dei ricercatori per confermarla o negarla, anche in assenza di dati sufficienti. Così, se io affermo che nella Via Lattea esistono 100 diverse civiltà, sto formulando una ipotesi, non una teoria. Una teoria, secondo la filosofia della Scienza, è un insieme collegato di ipotesi, enunciati e affermazioni aventi l’obiettivo, in generale, di spiegare un fenomeno o un’osservazione, oppure di formulare in maniera rigorosa, sistematica ed obiettiva i principi di una disciplina. Una teoria, per avere una valenza scientifica, deve essere falsificabile: si deve potere, cioè, ideare un esperimento che ne sancisca la non validità, come Karl Popper lucidamente indica.


(fig. 5) Karl Popper, filosofo della scienza





Già da queste semplici definizioni si comprende bene, direi, che nella discussione in corso non vi è assolutamente nulla di “teorico” in senso scientifico, ma solo ed esclusivamente un atteggiamento di fede in argomentazioni non suscettibili di falsificazione. Stiamo, insomma, parlando di fede! Ma v’è di più. Ammettiamo, come ipotesi (!) di lavoro, che la traduzione neo-evemerista della Bibbia (errata in più punti, come abbiamo brevemente dimostrato) rappresenti una teoria, e che dunque “gli” Elohim siano alieni, che la Bibbia racconti di un’invasione aliena o giù di lì, che YHWH fosse uno degli alieni “conquistatori”.

Una teoria che si rispetti deve poter fornire risposte e previsioni, in relazione al suo proprio enunciato. Non si può, insomma, dire: “Per me è così, ed è così fin qui; il resto vedetevelo voi”. Quindi, la “teoria” neo-evemerista dovrebbe rispondere con un certo grado di ragionevolezza, per non essere catalogata come una mitopoiesi moderna di probabile ispirazione hollywoodiana, ad una serie di problemi:

1 – da dove venissero tali alieni;
2 – perché siano venuti sulla Terra;
3 – come mai non se ne trova traccia nei testi e/o nei miti dei popoli circumvicini, come gli Egizi (probabilmente i più “interessati” ai fatti);
4 – quando sarebbero avvenuti tali accadimenti;
5 – come mai se ne sarebbero improvvisamente andati.

Mi fermo a queste sole domande, alle quali la Bibbia (tradotta letteralmente o no, e secondo qualunque codice si voglia utilizzare) non dà alcuna risposta. Faccio notare, però, che appare quanto meno arduo insistere su certe idee, soprattutto in relazione ai punti 3 e 4. Infatti, abbiamo visto che la stesura pressoché definitiva della Bibbia avviene intorno al VI secolo a.C. Ora, certamente essa è stata preceduta dalla trasmissione orale per parecchie generazioni. Non possiamo quantificare per quanto tempo; ma possiamo azzardare una valutazione. Accettiamo come sufficientemente accurata, per quanto riguarda la nascita dei primi racconti biblici (e quindi del molto presunto contatto alieno), una quadruplicazione rispetto al VI secolo? Arriviamo alla metà del II millennio a.C., la data ufficiale, più o meno, della costruzione delle piramidi di Giza. Aggiungiamo, per eccesso di scrupolo, un altro mezzo millennio, e stabiliamo così che intorno al 3.000 a.C. i progenitori degli Ebrei ebbero questo famigerato (più che famoso…) contatto con YHWH l’alieno. Stiamo parlando dunque –forse non è ben chiaro- della trasmissione orale, da parte di un’entità che non era ancora né popolo, né nazione, né stanziale (ma, anzi, del tutto scollegata e divisa) di uno o più racconti per la bellezza di circa CENTO generazioni. Davvero si può pensare di prendere alla lettera (anche se poi non lo fa nessuno, neanche i proclamatori della letterarietà del complesso biblico…) una serie di racconti distorti, deturpati e modificati per cento generazioni? E dove sono i segni degli alieni in Kemet, l’antico Egitto, che già all’epoca ipotizzata vantava un consolidato sistema religioso, uno stato centralizzato già “vecchio” di quasi 200 anni, e oltre 1.500 anni di documentata storia e protostoria predinastica?


Un ulteriore, breve aneddoto. In una cronaca leggiamo, testualmente: “Poi, avendo già compiuto molte opere immortali, mentre insegnava (omissis), eccoti con grande strepito e rimbombare di tuoni che un’improvvisa tempesta con una nebbia densissima lo cinse e lo coprì, tanto che a tutti gli astanti in seguito non riapparve più”. Sembra qualcosa di deja vu, non è vero? Qualcosa che i neo-evemeristi indicherebbero apoditticamente come l’ennesima prova del potere dell’alieno YHWH, insieme al “rapimento” di Elia o alla nota visione di Ezechiele, giusto? Oltre tutto, secondo qualche laico e libero pensatore YHWH non era altro che il dio della tempesta: che meravigliosa circostanza! Invece, nulla di più sbagliato! Infatti, ferma restando la possibile valenza clipeologica del brano riportato, esso non fa parte di alcun episodio biblico. Si tratta, molto più “semplicemente”, del resoconto della salita al cielo, fra gli dei, di Quirino, più noto con il suo nome di mortale: Romolo. Parliamo, quindi, di tutt’altro contesto, e di tutt’altra epoca (705 a.C. circa). Come la mettiamo? Non è forse meglio ipotizzare una sorta di archetipo comune a molte culture, anziché scomodare indimostrabili azioni da parte di alieni (di cui, a maggior ragione, non si comprende il significato)?

Insomma, per il disdoro dei sostenitori, sembra proprio che l’ipotesi neo-evemerista, da qualunque parte la si guardi, faccia acqua da ogni dove, e rappresenti nulla di più che una forma di mitopoiesi del giorno d’oggi: folklore urbano, in altri termini. Senza contare un’acuta osservazione di una mia corrispondente di Facebook: quella che viene spacciata come una ricerca frutto del libero pensiero appare, in realtà, come il riconoscimento, oserei dire masochistico, di un’Umanità che non è affatto libera, ma che nasce schiava di crudeli manipolatori tecnologici e genetici senza scrupoli, e che tale viene lasciata, senza neppure la speranza di conquistare la libertà. Se si pensa, poi, che un gigante come Galileo, padre fondatore della Scienza moderna e del metodo scientifico, affermò: “Nella Bibbia il Signore ci vuole rivelare come si vada in Cielo, non come vada il cielo” (Lettera a Cristina di Lorena, in: Le opere di Galileo, Firenze 1985, V, 319), si capisce bene quanto grande sia la presunzione di volere eguagliare, senza averne le capacità e la straordinaria grandezza, uno dei veri miti dell’era moderna, il primo traghettatore dell’Uomo verso la Scienza con la “S” maiuscola.

Bibliografia essenziale e minima (oltre la Bibbia):

Akhenaton, il Faraone del Sole, Cyril Aldred, Newton Compton, 1988;
Har Karkom – Montagna sacra nel deserto dell’Esodo, Emmanuel Anati, Jaca Book, 1984;
Il Libro dei Prodigi, Giulio Ossequente, Corrado Tedeschi Editore, 1976;
La Bibbia senza segreti, Flavio Barbiero, Profondo Rosso, 2010;
L’evoluzione di Dio, Robert Wright, Newton Compton, 2010;
Storia dell’antico Israele, John Bright, Newton Compton, 2002-2006.

lunedì 15 aprile 2013

Neo - Evemerismo - II Parte



Sempre di Fabio Marino. La seconda parte del precedente articolo volentieri pubblichiamo.        

 Nella parte precedente abbiamo iniziato ad analizzare alcune dissonanze che inducono a pensare che la “revisione” di cui è oggetto la Bibbia da parte di giovani esperti ha poco a che vedere con un neo-evemerismo, ma è solo una mitopoiesi moderna. In questa seconda parte, entriamo un po’ più in dettaglio, ed è altresì opportuno segnalare che la trattazione sarà volutamente di carattere generale e non approfondita (ma comunque piuttosto accurata), per facilitare la scorrevolezza del testo. Da ultimo, verranno esposte teorie certamente scientifiche ed accreditate in campo internazionale, ma che non necessariamente e in tutti i casi riflettono il mio pensiero. E cominciamo dalle fonti che vengono utilizzate per avvalorare talune idee –diciamo così- un pochino azzardate. Iniziamo subito col dire che l’idea di un “Dio” o di “Dèi” che fossero in realtà extraterrestri non è nuova, né originale. Infatti, risale al 1973 (sic!) la fondazione,  da parte di un ex-giornalista,  Claude Vorilhon, rinominatosi Rael, di un movimento a carattere religioso e “settario”. 

Secondo il suo racconto, Vorilhon sarebbe stato contattato da un rappresentante di una civiltà extraterrestre, gli Elohim (quando si dice la coincidenza…), il 13 dicembre 1973, nel cratere di un vulcano spento vicino a Clermont-Ferrand. L’evoluzione del Raelismo, ovviamente, non ci interessa in questa sede; ma è la prova che un’idea-madre nasce 40 anni fa su basi presuntamente rivelate, e dà la stura ad una serie di argomentazioni ed affinamenti al riguardo. Basti pensare che l'affermazione cardine dei Raeliani e dei loro emuli attuali sarebbe che il genere umano (e solo esso) sia stato artificialmente creato 25 mila anni fa da esseri provenienti da un altro mondo; in linea puramente teorica, una tecnologia sufficientemente sviluppata potrebbe essere in grado di compiere una tale attività di ingegneria genetica. Peccato, però, che le moderne scoperte biomolecolari rivelino una stretta affinità del genere umano in buona  sostanza con ogni organismo vivente sulla Terra, e nel suo genoma non siano presenti segni di alterazione genetica. 
Ma la cosa interessante è che i moderni pseudo esegeti, del tutto digiuni di lavori imponenti sulla storia del popolo ebraico, dell’ebraismo e della sua letteratura basino le loro costruzioni “bizzarre” su alieni ed extraterrestri non sui testi più antichi, ma sul testo masoretico. Parliamo, quindi (e sia detto a chiare lettere) di un testo composto, edito e diffuso da un gruppo di ebrei noto come Masoreti fra il primo e il X secolo d.C.


In altre parole, laddove i più prudenti fra gli esegeti biblici collocano la redazione pressoché definitiva della Bibbia nel periodo della cattività babilonese (a partire dal 587 a.C.), costoro traducono (spesso arbitrariamente ed in maniera errata, sintatticamente, etimologicamente e semioticamente) testi SUCCESSIVI di  OLTRE quindici secoli, con tutto ciò che ne consegue: alterazioni dei copisti, errori dei medesimi, aggiustamenti in corso d’opera, modificazione di termini dell’ebraico antico, e, last but not least, perdita dell'effettiva pronuncia vocalizzata delle parole. Come è possibile leggere “addirittura” in Wikipedia: “Nel corso del tempo si sono sviluppate differenze nella sillabazione e nella pronuncia non solo tra le scuole della Palestina e di Babilonia (differenze già notate nel III secolo) ma nelle varie sedi d'insegnamento di ogni paese. In Babilonia la scuola di Sura differiva da quella di Nehardea; differenze simili esistevano nelle scuole della Palestina, dove la principale sede d'insegnamento negli ultimi tempi era la città di Tiberiade. Queste differenze devono essersi accentuate con l'introduzione dei segni grafici per la pronuncia e cantillazione; e ogni località, seguendo la tradizione della sua scuola, aveva un codice standard che includeva le sue letture (il grassetto è mio).” Un ulteriore, significativo esempio è il famoso tetragramma YHWH (comunemente letto dai non ebrei come Jahvè), la cui lettura REALE è ormai sconosciuta agli stessi Ebrei, che al suo posto da tempo immemorabile e per rispetto al nome di Dio leggono Adonai, come nel famoso “Shemà Israel (שמע ישראל)”: (“שמע ישראל י*ה*ו*ה אלהינו י*ה*ו*ה אחד”, e cioè: “Ascolta, Israele, il Signore è il nostro Dio, il Signore è Uno”. La frase contiene proprio il Tetragramma יה*ו*ה, come detto non pronunciabile, e quindi viene letta "Shema' Ysrael, Ado-nai Eloheinu, Ado-nai ehad".
          Ma arriviamo alla “vexata quaestio” di El, Eloha, Elohim e variazioni sul tema, e, visto che ci siamo, cerchiamo anche di identificare questo “alieno” di nome Jahvè. Vi va di imbarcarvi in un viaggio che, per la necessaria tirannia dello spazio, sarà superficiale e limitato, ma spero illuminante? Partiamo, allora!
Innanzi tutto, chi erano gli Ebrei? Da dove venivano? Qual era la loro religione originale? Contrariamente a quel che normalmente si pensa, e cioè che il popolo ebraico abbia attraversato una prolungata fase di nomadismo a partire dall’alta Mesopotamia (segnatamente, con ogni probabilità, da Harran) fino a giungere alla Palestina, per poi   spostarsi in Egitto in epoca ancora imprecisata (ma comunque intorno ai primi secoli del II millennio a.C.), i ritrovamenti archeologici più recenti assegnano agli Ebrei un’origine meno “avventurosa”. Essi, in effetti, avrebbero fatto parte proprio del popolo  cananeo, con cui  condividono molte cose, a  partire (in una fase diciamo “proto-ebraica”) dalle credenze religiose. Vi sono molti segni, archeologici ed anche nel testo biblico, di una fase (non sappiamo  quanto prolungata) di politeismo  da parte della futura nazione ebraica. Uno di questi segni è dato proprio dalla persistenza di parole  come “Elohim” nel contesto biblico, che però nella redazione definitiva assumeranno ben altra connotazione, come vedremo. V’è di più: la prima volta che viene citato il nome di Israele è nella famos stele di Merenptah. 

Seguendo la regola normale il testo viene letto "verso le facce degli esseri umani, degli uccelli, ecc", cioè da destra verso sinistra. La traslitterazione è come segue: y   s   r   i      r/l (ysri’l: la somiglianza con il nome "Israele" nell'ebraico è evidente); vi sono poi alcuni elementi grafici (detti “determinativi”) che consentono di identificare un “popolo di Israele” che è “straniero”. Si tratta del primo esempio, in assoluto, dell'esistenza di un gruppo etnico chiamato “Israele”, il cui nome contiene, indiscutibilmente, la radice (così comune a tanti termini ebraici) “el”. Ma chi era El? El (il cui plurale è... El-im, non Elohim!) era la divinità principale dei Cananei, segnatamente dei Cananei del Nord. Egli era il Dio supremo di una strana assemblea divina, poco nota, ed il termine El si riferisce alla Divinità in sé, in quanto tale. Dal termine El discende il termine Eloha, che si riferisce alla Divinità in senso generico, e che contempla un plurale usuale, come detto Elohim, con il chiaro significato (in ottica cananea, s'intende) di “dèi”. Non può sorprendere, dunque, che se (come gli studi archeologici e scientifici più accreditati dimostrano) gli Ebrei furono, ai loro primordi, politeisti, la parola Elohim non può non ricorrere nei loro testi. In ogni caso, poiché alcuni “studiosi” ritengono evidente anche la “variazione sessuale” degli angeli in astronave che quei “poveri primitivi” ritenevano dèi, va sottolineato che la “Asherah” di cui qualcuno parla come sorella/moglie di Dio era un personaggio esclusivamente cananeo, e, soprattutto, che in Ebraico non esiste una parola equivalente a “dea”. 
  
Tuttavia, con il passare dei secoli, Israele si avviò prima alla monolatria/enoteismo, e poi al monoteismo. Che successe? Perché rimasero i segni degli Elohim nel Sacro Libro? Per un motivo molto semplice: perché il termine assunse le caratteristiche di SINGOLARE, non di plurale. In effetti, per quanto riguarda il fatto che El sarebbe il padre di altri dèi, gli Elohim, divinità minori maschili citati spesso nella Bibbia (o il “capo” di una spedizione extraterrestre...), occorre tener presente che l'uso di un simile plurale sarebbe né più né meno che una forma di "pluralis maiestatis" o meglio plurale "di astrazione" (come più correttamente si chiama in ebraico), allo stesso modo in cui, per riferirsi alla divinità siro-palestinese di Baal (Signore, Padrone), si usava il plurale di rispetto "Ba‘alim", o per Astarte si parlava di "Astarti" (Giudici 10:6). Insomma, il plurale (che diventa singolare perché il verbo che lo segue è al singolare: una peculiarità della lingua ebraica) è rimasto sia come “inconscia” reliquia dei tempi politeisti, sia per indicare la TOTALITA' degli attributi della Divinità. Un'evenienza frequente nell'antichità, al punto che anche nelle lettere di Amarna si trovano esempi analoghi. In quelle missive, spesso il vassallo si appellava al Faraone definendolo “miei dèi, mio dio sole”: in pratica, affermava che il Faraone era la totalità del suo pantheon. 
Cosa dire, però, del Salmo 82, citato nella prima parte? Senza scomodare Sant'Agostino, che già 1.700 anni fa aveva adeguatamente spiegato la parte “sospetta” del salmo (“...6 Io ho detto: "Voi siete dèi, siete tutti figli dell'Altissimo. 7 Tuttavia voi morrete come gli altri uomini, e cadrete come ogni altro potente"), tutte le principali correnti esegetiche concordano nel ritenere che gli “dèi” di cui si parla sono in realtà i Giudici, a cui era stata affidata dall'Altissimo (“El-yon”) la cura della giustizia, e che in realtà stavano cadendo nella corruzione, abdicando di fatto al compito loro affidato (“...3  Difendete il debole e l'orfano fate giustizia all'afflitto e al povero. 4 Liberate il misero e il bisognoso; salvatelo dalla mano degli empi. 5 Essi non conoscono nulla e non intendono nulla, e camminano nelle tenebre tutti i fondamenti della terra sono smossi...”). Da qui, l'osservazione che anche i Giudici, “potenti come dèi” sulla Terra in virtù del Patto diretto con YHWH, sono in realtà soggetti alla naturale legge della morte come tutti gli uomini. Se non bastasse, si dovrebbe pensare in primo luogo al rapporto speciale che gli ebrei ritenevano e ritengono di avere con l'Unico Dio. In quest'ottica, i Giudici sono “dèi” perché chiamati ad amministrare la giustizia in conformità a quella contenuta nella parola di Dio; in secondo luogo, l'esegesi cristiana del Salmo 82 prende le mosse dal fatto che la Scrittura definisce "dèi" coloro ai quali Dio rivolge la sua Parola. Si è innalzati insomma al rango di interlocutori di Dio, quando Egli  rivolge direttamente la sua Parola, e in certo senso si viene resi simili a Colui che ci parla. Inoltre, non bisogna dimenticare TRE elementi fondamentali:
1 – è fuori di discussione, sotto qualsiasi ottica, che il Salmo 82 sia un attacco contro le magistrature corrotte. Dio pronuncia un’aspra requisitoria contro i giudici responsabili di corruzione e di ingiustizia. La sentenza pronunciata da Dio è severissima e nessuno può rifugiarsi nell’immunità e nell’impunità;
2 – i fautori di ipotesi alternative dimenticano, regolarmente, a) – che il Salmo POTREBBE contenere (come altre parti della Bibbia e come già segnalato) elementi “tradizionali” di stampo politeista (cosa, come detto, niente affatto sorprendente); b) – che esiste un ultimo versetto (regolarmente ignorato e mai citato) che recita: “8 Sorgi, Dio, a giudicare la terra, perché a te appartengono tutte le genti.”: è evidente, dunque, che il Dio di cui si parla (e comunque lo si voglia chiamare) non è il “magister” di una ristretta porzione di territorio e/o il “padre-padrone” di un singolo popolo, ma il “Dominus” di ogni popolazione, per cui, in effetti, il Salmo termina con la speranza che Dio, il vero Altissimo, prenda in mano la situazione e ponga tutta l’umanità sotto la sua diretta giurisdizione;
3 - viene usata l'espressione "elohim" un titolo che designa sicuramente potere ma che può essere utilizzato tanto per Dio quanto per gli uomini. Infatti nel contesto del Salmo 82 i protagonisti sono dei giudici, ovvero persone che erano caratterizzate da una certa autorità, ed è chiaro il linguaggio sarcastico che viene utilizzato, perché questi "elohim" in realtà erano dei giudici iniqui e per questo motivo Dio li giudicherà.
Ma sottolineiamolo, una volta di più: quando, nella Bibbia, si parla di “Elohim” intendendo “Dio”, è invariabilmente al singolare il verbo che segue il sostantivo, rendendo perciò quest'ultimo (per la grammatica ebraica) di genere singolare. Affermazioni diverse da questa sono certamente quanto meno tendenziose.
Resta ora da “interpretare” il ruolo di Jahvè in tutto questo. In effetti, la succitata stele di Merenptah non ne fa cenno alcuno. Anzi, per secoli non esisterà alcun testo che citi contemporaneamente Israele e YHWH! Sorprendente, invece, è il fatto che esistano riferimenti egizi a YHWH ben prima della stele, e che tali riferimenti sembrino essere connessi con una località, non con una Divinità. Questo luogo pare esser posto nella regione meridionale di Canaan (guarda la combinazione...), il che lascia facilmente supporre la nascita sincretistica di un unica figura divina a partire dall'El del Nord (il futuro Regno di Efraim o di Israele, caratteristicamente “portato” all'adorazione di tutto quello che gli passava per le mani, al punto di essere il centro costante delle invettive profetiche) e dallo YHWH del Sud, il Dio del patto, il Signore degli Ebrei giunti in Egitto al seguito degli Hyksos e poi ritornati in patria, con un Dio dal nome antico, ma dagli attributi nuovi. Attributi, tra l'altro, spesso mutuati dai Madianiti (una tribù di cui era capo e sacerdote Ietro, il suocero di Mosè), con connotazioni a volte simili a quelle di Aton, tanto da lasciare spazio all'ipotesi freudiana sulla nascita del Dio ebraico. E che YHWH fosse un Dio in un certo senso “nuovo” lo si evince dalla stessa Bibbia, in quanto nella teofania del roveto ardente sull'Har Karkom
  (che parrebbe essere il vero Monte Sinai – ma di questo discuteremo in un prossimo articolo) la voce dice a Mosè: “Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe, ma a loro non mi sono rivelato con il mio vero nome”. Una cosa va sottolineata: è probabile che il libro più antico della Bibbia non sia il “Genesi”, ma proprio l' “Esodo”, che andrebbe perciò riguardato come la storia dell'epopea di un popolo APPARENTEMENTE nuovo.
Cosa è accaduto, dunque, al “Dio nazionale ebraico”? Perché questa idea di uno YHWH “extraterrestre”? Che fine fa El? E che cosa è successo (SE è successo) davvero durante l'Esodo? Infine, quali sono le considerazioni di carattere storico e logico che mi spingono a... respingere l'ipotesi di un “neo-evemerismo”? Lo vedremo nella prossima, conclusiva parte di questa rubrica (diventata troppo lunga); ma qualche indizio, a là Ellery Queen è giusto fornirlo: pensate ad una serie di dèi, che diventano uno, poi si sdoppiano in due per tornare ad essere uno; pensate alle date accertate con una certa sicurezza dall'archeologia; pensate allo scenario/scacchiere geopolitico della seconda metà del II millennio a.C.; pensate ad un Esodo che non fu un'invasione. Come Ellery, anch'io sono certo che siete arrivati alla soluzione del caso...