sabato 20 ottobre 2012

La risposta di Consulenza Ebraica al Demontis

E questa è la risposta di Avraham alla critica portata dal Demontis. Le citazioni del Demontis vengono rappresentate in corsivo.
Di seguito, estrapolata dal Forum di Consulenza Ebraica integralmente:


Riscrivo la mia risposta in modo più completo citando direttamente dalla fonte che hai citato (rispondendo a Pintore):

CITAZIONE
4)Anche solo per analogia tra lingue semitiche, qualsiasi Arabo sa che "allah" è plurale grammaticalmente, ma non si sognerebbe mai di tradurlo al plurale
Risposta: purtroppo per il sig. Pintore anche qui é presente un grossolano errore, per non dire una menzogna bella e buona. Il nome Allah ha due etimologie, ancora nessuna delle due certa, e nessuna delle due ipotizza una morfologia con numero plurale. La teoria più diffusa indica Allah come unione di due morfemi arabi: AL (articolo determinativo,numero singolare, genere maschile) + ILAH (nome univoco, genere maschile, numerosingolare) il quale ha altre due forme: la duale = ILAHAIN, e la plurale = AALIHAH. La seconda teoria invece, che sta prendendo piede negli ultimi anni, vuole Allah derivante dal siriaco Alaha, sempre di numero singolare e genere maschile. Il falso problema della 'pluralità' di Allah viene da alcuni commentari (come quello di Sam Shamoun) che fanno notare come nelle varie sure, in alcune frasi ipoteticamente o certamente pronunciate da Allah, vengano utilizzati pronomi e aggettivi posessivi plurali. Potrebbe esserci un ragionevole dubbio se nelle sure Allah parlasse di se SEMPRE al plurale, ma non è così,come leggiamo per esempio in questi versi:
Glory be to Him Who made His servant to go on a night from the Sacred Mosque to theremote mosque of which We have blessed the precincts, so that We may show to HIM some of Our signs; surely He is the Hearing, the Seeing.” S. 17:1 Shakir

" per non dire una menzogna bella e buona".

Il nome الله (Allàh), come si può notare dalla doppia lamed, esso è chiaramente l'abbreviazione di أللهم (allahum) equivalente all'ebraico "Elohim". إِلٰه (ilàh) ha una sola lamed ed è l'equivalente all'ebraico "El", poco convincente dunque far derivare الله (Allàh) da إِلٰه (ilàh) come combinazione articolata dato i contesti grammaticali in cui si trova .


CITAZIONE
5)il verbo usato è "merakefet" tradotto comunemente con "aleggiava" In realtà la radice indica un'azione di terribile vibrazione di movimento, atta a provocare un cambiamento. Comunemente un uccello che batte violentemente le ali a protezione del nido è "merakef”
Risposta: il sig. Pintore deve illustrare dove ha trovato l' indicazione di una idea di vibrazione che causi cambiamento. I lessici attestano il significato di 'aleggiare – muoversi sopra – sorvolare', l' utilizzo che poi se ne fa non può invalidare (ma tutt' al più completare)il significato relazionale del termine.

Non capisco dove sia il problema? Lo stesso Biglino nel suo libro "Il dio alieno della bibbia" ammette il senso di "vibrare" (pag.42). A questo punto se lo faccia spiegare da lui.

CITAZIONE
Veniamo adesso a due critiche mosse da tale Avraham, riconosciuto nel blog in questione come un critico attento, competente ed onesto. Egli fa importanti ammissioni al lavoro di Biglino, ma poi si ferma a scrivere ancora sul termine Elohim.
1)Il termine ebraico Elohim è nella sua forma più frequente al singolare
Risposta: a parte una evidente confusione tra forma e utilizzo, infatti la forma(morfologia) del termine Elohim é di per se sempre purale inquanto presente il suffisso plurale -im, questa frase stride con la dichiarazione del Pintore: “il termine Elohim è sempre singolare”. Dobbiamo deciderci: Elohim, nei suoi utilizzi (e non nella forma) é sempre singolare o solo 'più frequentemente' singolare?

L'autore, parlando del termine "Elohim" riconosce che il suo uso corrente è al singolare pur affermando che la forma del termine è plurale. Noi abbiamo dimostrato linguisticamente che le desinenze plurali in ebraico non indicano sempre il numero, ma spesso indicano astrazione, intensità o indefinibilità. L'autore non ha speso nessuna parola sulla caratteristica di plurale intensivo ed indefinito così spesso usati nella letteratura ebraica. Pare che, secondo questo autore, esistano solamente plurali che indicano il numero. Noi abbiamo spesso citato in questo forum e nel forum biblico, molti esempi di termini che hanno apparentemente desinenze plurali, ma che non sono affatto dei plurali, nel senso che questi non indicano il numero, ma l'intensità di un singolare.
Ecco alcuni esempi di nomi astratti che hanno la stessa desinenza del plurale:
מגורים
כיפורים
מדנים
מלואים
מראשות
מרירות
ניאופים
נפתולים
אמונים
זנונים
חיים
חררים
כריתות
עלומים
נעורים
זקונים
דודים
סדרים
סליחות
פטורים
שיכולים
שילומים
שימורים
שעשועים
תאונים
תעתועים
בהמות
תמים

Per esempio in Gen. 6:9 è scritto che Noè era un uomo giusto e integro. Il termine "integro" in ebraico è "tamim" ed ha desinenza "im". Tale desinenza ha una forma simile al plurale, ma è chiaramente un singolare. Ma, inutile dirlo, nessuno può essere interessato ad attribuire a Noè una pluralità.

Per altri termini e spiegazioni sui vari generi di "plurali" (se così si possono chiamare) rimando alla discussione Plurale Maiestatico in terza persona?

CITAZIONE
2)Non si può fare affidamento a quattro pezzi di coccio per interpretare una letteratura così ricca come la Bibbia. Per questa ci vuole conoscere bene la tradizione orale ebraica che ci istruisce su come venivano letti ed interpretati nell’antichità i termini biblici che oggi altrimenti ci risulterebbero assoluti arcani e ciò comunque rimangono realmente per chiunque l’ignora. Mauro Biglino non fa alcun cenno a questa assolutamente indispensabile letteratura da cui noi ebrei abbiamo imparato il linguaggio per leggere la Bibbia.

Risposta: Avendo assistito a una sua conferenza e visionato molti dei suoi video posso affermare che il Biglino ha invece sempre parlato del processo interpretativo e dei suoi 4livelli, come ha anche sempre sostenuto di soffermarsi di proposito sul livello più 'basso'.La sua scelta é pienamente giustificata e coerente perchè egli non vuole interpretare il testo ma tradurlo, quindi (osservazione mia) rimanere più vicino al significato relazionale dei termini. Quando si analizza un testo, o più genericamente una lingua, il significato più certo é sempre quello del livello più basso e meno interpretativo. Una interpretazione é per sua definizione l' adattamento di un significato al contesto, quindi una specializzazione del modo di utilizzare un termine, ma non può e non deve mai avere più valore del suo significato (o dei suoi significati, in caso ve ne sia più di uno) più intrinseco e meno specializzato

L'autore evidentemente non sa che in ebraico il livello più basso si presta a più letture dettate da più di una tradizione orale. Vero è invece che il significato etimologico di molti termini ebraici lo si deduce proprio dal contesto e in molti casi nemmeno il contesto è perfettamente chiaro (Segue l'esempio nella risposta al prossimo quote).

Per inciso: Biglino non fa altro che adattare alcuni termini ad un contesto da lui stesso creato ed assolutamente inesistente nella Bibbia.

CITAZIONE
Es 2):
vayomer elohim naseh adam besalmenu kidmutenu”
= va-yo-mer (yo = terza persona, tempo futuro, in questo caso -mar/mer indica numero singolare – mru avrebbe indicato numero plurale) + eloah (nome univoco genere maschile) + im (numero plurale) +n-aseh (n = prima persona plurale tempo futuro) + adam (nome univoco maschile singolare) + be (locativo, qui ha il significato 'con') + selem (nome univoco genere femminile numero singolare) + nu (aggettivo possessivo numero plurale, prima persona) +ki (qualitativo) + demoth (nome univoco genere femminile numero singolare) + nu(aggettivo possessivo numero plurale, prima persona)In questa frase Elohim é morfologicamente plurale, con un significato plurale, un utilizzo singolare, autoreferentesi con elementi grammaticali tutti plurali.

Evidentemente l'autore non fa caso ad un'altra possibile lettura riportata anche in un'altra tradizione orale che legge il testo tutto al singolare:

נעשה oltre che "na'assè" è leggibile anche al nifal terza persona singolare "na'assà" e di conseguenza: bizlomennu kedamotennu.


CITAZIONE
In questa seconda frase quindi é Elohim stesso (singolare) a dichiarare una pluralità (n-aseh / salme-nu / dmute-nu) relativa a se stesso. Cioè Elohim dà di se stesso un SIGNIFICATO OPERAZIONALE plurale, perché utilizza i verbi in numero plurale.

L'autore in questo caso non sta leggendo il testo ma lo sta interpretando perché anche se leggiamo "na'assè" al plurale, il soggetto si sta solo esprimendo al plurale che non vuol dire che chi parla è una pluralità, né che chi cui si sta rivolgendo sia del suo stesso genere. C'è infatti una tradizione che dice che l'uomo fu creato nel quinto giorno come corpo animale, poi successivamente il suo corpo venne modificato ed infatti la radice "עשה" esprime l'aggiunta di una caratteristica o una modifica a qualcosa già creata prima. La caratteristica è la donazione della ragione e questo può anche essere espresso con il verbo ledamot al piel o anche all'hifil con la decadenza della "he" nell'interpretazione al singolare. Il plurale (se così si vuole interpretare) si rivolge (secondo la tradizione) al padre e la madre che mettendo al mondo i loro figli donano loro l'educazione che consiste nello sviluppo della ragione.

Shalom

4 commenti:

  1. buona lettura:
    http://www.scribd.com/doc/111767850/x-Consulenza-Ebraica

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  2. Tutti con la testa sotto la sabbia vedo...

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    1. Il suo documento di risposta è totalmente privo di ogni interesse... il finale inoltre, in cui snocciola maggiori esperti trascura di omettere che tutti i maggiori esperti sono accademici pluri-riconosciuti, e non compare nemmeno uno straccio di "ricercatore indipendente", quale Biglino è, nella sua argomentazione. L'autogol è soltanto suo!

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  3. Ti sei sputtanato con questa presunta risposta.

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